L’autunno romano comincia con un corteo per il diritto alla casa. Dai sindacati agli occupanti: tutti uniti per difendere il diritto all’abitare. Quello che nelle settimane scorse era stato definito «aggregato largo» oggi diventa «larghissimo». Perché insieme alla coalizione plurale che annovera Cgil e Fiom, Unione Inquilini, Si Cobas e Cub, Action, Blocchi precari metropolitani, la comunità dei rifugiati sudanesi di via Scorticabove sgomberati la scorsa settimana, Rete dei Numeri Pari, Arci, A Buon Diritto, Link, Potere al Popolo, Rifondazione comunista, Sinistra italiana anche il Pd cittadino ha scelto di aderire alla manifestazione che parte oggi alle 15 da piazza Vittorio.

«Di fronte alla politica dellasindaca Raggi e di Salvini che mette in discussione la stessa dignità della persona umana e del suo diritto all’abitare, le differenze tra noi diventano insignificanti e tutti insieme possiamo dire in piazza no agli sgomberi sì a una politica della casa che preveda l’utilizzo di immobili vuoti», spiega il responsabile delle politiche abitative del Pd romano Yuri Trombetti.

Il piccolo scandalo venuto fuori nei giorni scorsi attorno alla casa popolare della madre della vicepresidente del senato Paola Taverna rischia di oscurare la condizione dei tantissimi che sono in attesa di alloggio o che per trovare un tetto devono occupare stabili abbandonati. «Chi occupa una casa lo fa perché ne ha bisogno, sbagliano Salvini e Raggi a considerarlo un furbetto. Dovrebbero sapere che la lotta per la casa non è una passeggiata, comporta una vita molto dura e scelte impegnative, chi la intraprende evidentemente non ha alternative», riflette Carlo Cellamare, che insegna urbanistica della Sapienza e che al fenomeno dell’auto-organizzazione degli spazi urbani ha dedicato un saggio uscito sulla rivista edita dal dipartimento nel quale lavora. Cellamare aggiunge: «Bisogna considerare l’elemento positivo rappresentato dai movimenti per il diritto all’abitare: danno una risposta a migliaia di persone che purtroppo le istituzioni non sono in grado di dare».

Si calcola che 10 mila uomini e donne vivano in case occupate a Roma. Il fatto che Salvini le consideri come un mero problema di ordine pubblico rischia di produrre un disastro sociale, per di più in una città che nel seconda metà del secolo scorso si è sviluppata proprio rispondendo alle esigenze di centinaia di migliaia di persone che vivevano in alloggi di fortuna autocostruiti. Non siamo più al periodo delle baraccopoli ma ancora sono reti informali e movimenti di lotta che rispondono ai bisogni che la politica non riesce a raccogliere. Sinistra Italiana ha presentato qualche giorno fa una proposta di legge sul tema che prevede il recupero di immobili pubblici inutilizzati anche attraverso l’autorecupero. Nella scorsa legislatura, durante la sua vita precedente all’accordo con la Lega, anche il Movimento 5 Stelle aveva sostenuto un provvedimento simile. Pochi giorni fa, invece, la maggioranza grillina in assemblea capitolina ha rifiutato di votare la mozione sul blocco degli sfratti presentata da Stefano Fassina. Oggi si manifesta anche per chiedere che la giunta a 5 Stelle torni sui suoi passi e decida di investire i 200 milioni di euro stanziati dalla Regione Lazio, al momento bloccati per il rifiuto di riconoscere un posto in graduatoria a chi al momento vive in una casa occupata alla luce del sole dai movimenti di lotta.

Il ministro degli interni Salvini ha parlato a più riprese di sacralità del diritto alla proprietà, i manifestanti definiscono il suo decreto sulla sicurezza «inaccettabile, produttore di discriminazioni plateali, seminatore di tensioni e divisioni sociali pericolose» e ricordano che la proprietà privata non è un principio assoluto, soprattutto in una città piena di immobili in disuso. Presentando la manifestazione, gli organizzatori hanno mostrato in un video come gli stabili sgomberati negli scorsi anni giacciano ancora abbandonati. Come a dire: le persone che ci vivevano sono state sbattute in mezzo a una strada ma non c’erano nessun progetto alternativo su quei luoghi. «Non siamo semplicemente contro il decreto Salvini, vogliamo rovesciarne la logica», dice il segretario romano di Unione Inquilini Fabrizio Ragucci, che punta il dito sulla casa come bisogno fondamentale, rilevatore della crescita della povertà in città.

«Ci sono almeno 50 mila nuclei in sofferenza sul fronte abitativo», dice ancora Ragucci. Cellammare conferma e sottolinea la centralità del blocco sociale che oggi scende in piazza: «La casa è la condizione basilare per sopravvivere in tempi di precarietà. Il fatto che ci si trovi costretti ad occuparla conferma che questa è una città in cui la povertà e le disuguaglianze crescono. Ecco perché la composizione della manifestazione di oggi è rivelatrice di un fenomeno molto più largo».