Non si placa la protesta arcobaleno in Polonia dopo gli arresti di venerdì scorso. Continua la mobilitazione della comunità Lgbt in patria e all’estero. Ieri pomeriggio è toccato alle città di Poznan, Katowice, Stettino e Breslavia. Diverse le manifestazioni di solidarietà nei confronti della transessuale «Margot» e degli altri arrestati anche a Londra, Edimburgo e Malmö. «Non ho sentito parlare di nessuna detenzione di un’attivista di nome Margot. Mi risulta che la persona in carcere sia un uomo», ha commentato Sebastian Kaleta numero due del ministero della giustizia polacco.

Margot, all’anagrafe «Michał», compare nei verbali della polizia e negli atti dell’indagine con il suo nome maschile. Un modo, se non altro, per mortificare l’attivista finita in custodia cautelare per aver assaltato a giugno scorso il furgoncino di un militante omofobo e antiabortista. Tra le 48 persone arrestate durante gli scontri nella centralissima Krakowskie Przedmiescie a Varsavia anche alcuni passanti estranei alle proteste e finiti in commissariato senza sapere quali fossero i fatti a loro contestati. «Una mia compagna è stata sbattuta con la testa sul bordo del marciapiede da un agente», spiega Julia Maciocha della fondazione «Parada Równosci». Margot che invece rischia una condanna fino a 5 anni di carcere appartiene al collettivo «Basta alla stupidità» (Stop Bzdurom in polacco, ndr) che insieme ad altre sigle aveva appeso la settimana scorsa diverse bandiere arcobaleno nella capitale polacca alle statue di alcuni eroi nazionali e simboli cittadini come Copernico, il maresciallo Jozef Piłsudski e la sirena di Varsavia. Ma ad aver suscitato l’indignazione di una parte del paese è stato soprattutto il vessillo colorato posto su una scultura di Cristo davanti all’ingresso della chiesa di Santa Croce nella stessa città.

«Due mesi dietro le sbarre sono davvero un brutto segno per libertà di espressione e diritti Lgbt in Polonia», ha twittato la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic. Una dichiarazione ritenuta inopportuna dal «superministro della giustizia» Zbigniew Ziobro di Polonia Solidale (Sp), partito sovranista alleato del governo della destra populista di Diritto e giustizia (Pis). Ziobro ha minacciato di portare la questione sollevata dalla funzionaria bosniaca al Consiglio d’Europa: «Dovrebbe vergognarsi per il suo appello in difesa dell’aggressore e chiedere scusa all’uomo disarmato che è stato colpito da un attivista Lgbt» ha dichiarato il ministro anche a capo della procura generale.
Per i partiti all’opposizione e numerosi cittadini l’arresto di Margot dimostra che il Pis e i suoi alleati al governo non hanno alcuna intenzione di proteggere le minoranze sessuali, anzi. «Abbiamo visto degli arresti a Varsavia come quello di George Floyd negli Usa conclusosi con un decesso», ha dichiarato Anna Maria Zukowska della coalizione Sinistra (Lewica) che chiede l’apertura di una commissione d’inchiesta. Nella giornata di domenica quando è toccato a Danzica sfilare per Margot non sono mancati gli slogan contro un’altra iniziativa di Ziobro: l’uscita della Polonia dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Un obiettivo ritardato dalla decisione del primo ministro targato Pis Mateusz Morawiecki di sottoporre la questione al Tribunale costituzionale in cui i giudici filo-Pis hanno comunque la maggioranza.