La luna è sempre stata un sogno per tutti noi: ha ispirato i racconti di Jules Verne, il cinema di Georges Méliès e la matita di Hergé.
Del resto, «i sogni più grandi degli esseri umani riguardano ciò che non si può fare». Poi si è cominciato a fare.
Il 13 settembre 1959, la sonda sovietica Luna 2 si schiantò sulla Luna e divenne il primo oggetto umano a finire su un altro mondo. Quello fu il principio.
Il 20 luglio 1969 Neil Armstrong, comandante dell’Apollo 11, fece il suo «piccolo passo per un uomo ma grande balzo per l’umanità» e fu il primo essere umano a mettere piede sulla Luna; nel frattempo, poco più in là, la sonda sovietica Luna 15 provò ad allunare (ma si schiantò) e poté testimoniare la storica impresa Usa.
Quello fu l’apice, per tutti.

STOP E RIPARTENZE
Poi la corsa lunare si arrestò: gli americani si fermarono nel 1972 con l’Apollo 17; i russi nel 1976 con la sonda Luna 24. Così per anni nessuno è più andato lassù. Per un nuovo allunaggio ci è toccato aspettare fino al 14 dicembre 2013: quel giorno il lander cinese Chang’e-3 arrivò sulla Luna e la Cina divenne la terza nazione del mondo a realizzare l’impresa.
Nel 2019 ci ha provato anche Israele, con la missione Beresheet sviluppata da Space IL: ma l’allunaggio è fallito e Israele ha visto sfumare il sogno di essere la quarta nazione a conquistare il suolo lunare.
Space IL ha già fatto sapere che presto ci sarà un nuovo tentativo. Ma prima tocca all’India. Dopo il rinvio del lancio previsto il 14 luglio, nei prossimi giorni dovrebbe partire la missione Chandrayaan-2, con tre obiettivi: piazzare un satellite in orbita attorno alla Luna, un lander da allunare e un rover in grado di percorrere 500 metri. L’India fa sul serio: l’agenzia spaziale indiana (Isro) sta preparando anche missioni spaziali umane. In futuro, l’India potrebbe essere un partner importante per la corsa allo spazio e uno sbarco sulla Luna non farebbe altro che sancire questo ruolo.
Già, perché non c’è tempo da perdere: Usa e Cina sono già pronti.

IL CELESTE IMPERO AL VIA
La Cina, nel 2019, ha fatto qualcosa di straordinario: ha portato il lander Chang’e-4 e il rover Yutu sul lato lontano della Luna, sulla parte che la Luna non mostra mai a noi sulla Terra (questo perché la Luna impiega circa lo stesso tempo sia a fare un giro su se stessa sia a fare un giro attorno a noi).
Un’impresa epica: con Chang’e-4, ha mostrato tutta la sua potenza spaziale. Nessuno era mai arrivato sulla superficie del lato lontano della Luna; siccome quella parte non guarda mai direttamente la Terra, le comunicazioni sono possibili solo se si riesce a sistemare una sonda in orbita attorno alla Luna che faccia da ponte radio. Ecco, la Cina l’ha fatto, ed è stata la prima nazione.

IL RISVEGLIO AMERICANO
In questi ultimi anni, i cinesi hanno anche portato avanti un esperimento sulla Terra, chiamato in modo sibillino Lunar Palace, in cui delle persone sono rimaste chiuse in una capsula per simulare un nucleo abitativo nello spazio, completo di piante e tutto il necessario per vivere. Tuttavia, la Cina programma i propri piani spaziali ogni cinque anni e almeno fino al 2025 non ci sono note ufficiali per una missione umana sulla Luna. Se un cinese VI dovesse andare, ciò non accadrà prima del 2026.
Naturalmente, gli Usa non sono rimasti a guardare, almeno a parole: lo scorso maggio, Trump ha promesso il ritorno sulla Luna. E in grande stile, con una missione Nasa chiamata Artemis, dal nome della dea greca sorella gemella di Apollo, che dovrebbe anche trasportare la prima donna americana sulla Luna.
Tutto questo, secondo il presidente americano, entro il 2024: un progetto ambizioso.
Il piano c’è, in teoria. Per prima cosa verrebbe costruita una nuova stazione spaziale chiamata Gateway in orbita attorno alla Luna. La Gateway sarebbe uno sforzo condiviso tra gli Usa e l’agenzia spaziale europea (Esa) e quella giapponese (Jaxa).
Pronta la Gateway, la Nasa potrà usare il potente lanciatore Sls (ancora da testare) per lanciare nello spazio un equipaggio a bordo della nuovissima capsula Orion. Gli astronauti poi farebbero tappa sulla Gateway e da lì scenderebbero verso la Luna. Il piano prevede di avere una presenza umana stabile sulla Luna entro il 2028.

DA LÌ A MARTE
Trump e la Nasa promettono, ma devono fare i conti. Secondo le prime stime, ci vorranno 6 miliardi di dollari in più all’anno, oltre ai 20 miliardi che la Nasa ha già a disposizione ogni anno.
Poi, altro problema. Alcune parti del piano Nasa non sono state ancora sviluppate: è il caso del lander con cui gli astronauti dovrebbero andare dalla Gateway verso la Luna, che non è stato ancora concepito.
Ma perché tornare sulla Luna con gli astronauti? C’è una motivazione scientifica: capire com’è nato il Sistema solare.
La Luna ha più o meno la stessa età del Sistema solare, 4,5 miliardi di anni; tra le sue rocce, si annidano nuove risposte a vecchie e nuove domande a cui, però, non andranno più bene le vecchie risposte. E gli astronauti, per ora, sono più efficienti dei robot per raccogliere pezzi di Luna da studiare.
Inoltre, la Luna è un ottimo punto di partenza per esplorare lo spazio. Certo, non aspettiamoci viaggi «verso l’infinito e oltre», ma un pensiero per una missione verso Marte potremmo farlo più che volentieri, se sulla Luna tutto dovesse andare bene.
La Luna ha una massa più piccola della Terra e quindi sfuggire alla gravità costa meno: partire da lì verso Marte è più facile, una volta impostata un’efficiente base lunare permanente.
Nell’ottica di uno sbarco su Marte, l’ambiente lunare potrebbe essere usato come laboratorio: missioni umane sulla Luna della durata anche di qualche anno potrebbero essere molto istruttive per capire come il nostro corpo possa vivere nello spazio. E potremmo sfruttare la vicinanza, nel caso dovesse servire qualcosa: la Luna dista dalla Terra solo tre giorni di viaggio.
È proprio a un passo da noi: forse ci siamo, forse stiamo finalmente per completare quel grande balzo dell’umanità nello spazio, rimasto sospeso cinquant’anni fa.