Sono arrivati ieri mattina intorno alle 9 al porto di Salerno i 1.044 migranti soccorsi dalla nave della marina Etna nel canale di Sicilia, nell’ambito dell’operazione Mare nostrum. Lunedì pomeriggio avevano fatto scalo ad Augusta per permettere il trasbordo di una ragazza che stava per partorire. Le donne erano 40, 65 i minori avviati subito alle case famiglia. A sbarcare nel porto campano sono stati soprattutto siriani accanto a un piccolo gruppo di migranti eritrei, maliani e marocchini, un pachistano e 20 palestinesi fuggiti dai campi profughi in Siria. «Sono stanchissimi – racconta dal molo salernitano Jamal Quaddorah, responsabile del dipartimento Immigrazione della Cgil Campania -, hanno affrontato un viaggio terribile di 24 giorni tra deserto e mare. Alcuni di loro sono stati picchiati e derubati tra il Sudan e l’Egitto. Molti hanno subito violenze in Libia. I siriani non hanno nessuna intenzione di restare. Ci hanno detto che domani o dopodomani saranno alla stazione per riprendere il viaggio verso Svizzera, Danimarca, Svezia».

Circa 200 resteranno a Salerno (dove sono stati accolti in precedenza 387 migranti), gli altri verranno divisi tra le province campane, altri ancora andranno in Umbria (Perugia, Terni), nel Lazio (Viterbo, Frosinone, Latina, Formia) o a Crotone. Andranno nei Cara, nelle strutture Caritas o in quelle gestite da privati che hanno vinto il bando ministeriale. «Di solito chi gestisce questi posti si comporta come un mercante – racconta Jamal Quaddorah -. Finché incassa il servizio è accettabile, appena ritardano i pagamenti per un paio di mesi tagliano vitto e servizi così le condizioni di vita del migrante diventano difficili. Adesso la gestione è in capo alle prefetture e funziona meglio di quando era affidata alla Protezione civile».

Allo sbarco sono state prese le impronte. Qualcuno è passato attraverso la procedura durante il tragitto in nave ma la tendenza è lasciarli passare dall’Italia verso altri paesi dell’Unione europea senza troppo clamore.
La stampa nei giorni scorsi aveva agitato il pericolo epidemie, dalla tubercolosi alla meningite, annunciato addirittura un allarme vaiolo. La Lega invece ipotizza l’arrivo dell’ebola, conseguenza della nuova ondata di sbarchi. Ieri c’era chi puntava il dito contro i malati di scabbia, fatti scendere per primi, lontano dagli altri, con tanto di tuta e mascherine: «Sono 76 che potrebbero avere la scabbia, una malattia della pelle che è facile curare – sottolinea Jamal Quaddorah -. Solo per uno di loro si sospetta la malaria e per questo è stato portato dalla Croce rossa all’ospedale Cutugno di Napoli. In generale, sono in uno stato di salute buono considerato quello che hanno passato. Certo una decina ha problemi come dolori di stomaco, all’orecchio, disturbi intestinali, scottature da sole. Sono malanni che accuserebbe chiunque nelle loro condizioni, non è il caso di drammatizzare per fare sensazione».

Ma c’è davvero un rischio epidemie? «Abbiamo avuto altre ondate di migranti – spiega il neosindaco di Casal di Principe Renato Natale, medico e volontario della Caritas di Castel Volturno – e non mi sembra che oggi la situazione sia più grave. Si tratta di patologie tipiche della povertà ma non si diffondono come la peste: per contrarle bisogna essere deboli oppure avere il sistema immunitario depresso, ad esempio per l’Hiv. Piuttosto, malattie come la tubercolosi da dieci, quindici anni si stanno diffondendo in occidente anche a causa del peggioramento delle condizioni di vita».