La legge di bilancio è ancora una bozza. Seppur quasi definitiva. Dovrebbe arrivare in parlamento domani.

Una manovra che vale 37,9 miliardi. Gran parte dei quali necessari a coprire il finanziamento di molte misure anti-Covid. A partire dal rinnovo della cassa integrazione, per cui vengono stanziati 5 miliardi. Altri 4 miliardi serviranno invece per il nuovo fondo anti-Covid. Ancora, tre miliardi sono destinati all’assegno unico per le famiglie, che diventeranno 5,5 dal 2022. Aumenta di 4 miliardi, dal 2021 al 2029, il fondo per il Reddito di cittadinanza, con quasi 200 milioni dal 2021 e poi oltre 470 dal 2022. Proroga per ecobonus, bonus mobili, bonus facciate e bonus verde. Rifinanziato anche il bonus mobilità, con 100 milioni, per l’acquisto di biciclette e monopattini. Infine stanziati 4 miliardi a partire dal 2022 per la riforma del fisco.

Il testo, composto da 243 articoli, prevede nuovi fondi per aumentare gli stipendi di medici e infermieri della sanità pubblica: ci sono 835 milioni l’anno. Di questi 500 sono destinati all’aumento del 27% dell’indennità di esclusiva della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, altri 335 servono per una specifica indennità infermieristica. Il Fondo sanitario nazionale sale quindi a 121.370 miliardi. Più soldi anche per i tamponi, con 70 milioni stanziati per permettere di farli anche ai medici di base. Altri 105 milioni sono destinati all’aumento dei contratti di specializzazione, cifra che salirebbe a 109 milioni nel 2023.

PER LE MISURE ANTI-COVID vengono stanziati quattro miliardi nel 2021, con l’istituzione di un fondo ad hoc per «consentire il tempestivo adeguamento» per tutti gli interventi «di sostegno alle attività produttive». Ci sono, come detto, altri 5,3 miliardi per rifinanziare 12 settimane di cassa integrazione ordinaria per il periodo che va dal primo gennaio al 31 marzo 2021 e per la Cig in deroga nel periodo che va dal primo gennaio al 30 giugno 2021. E ancora, il taglio del cuneo fiscale, l’esonero dai contributi per le assunzioni degli Under 35.

PROTESTANO SUBITO I SINDACATI dei pensionati. «Si profila l’ennesima beffa per i pensionati italiani con il prolungamento del blocco della rivalutazione degli assegni», denuncia lo Spi Cgil. «Si fa riferimento nello specifico – continua – all’articolo 61 che prevede lo slittamento al 2023 del sistema di rivalutazione in vigore prima dei molteplici blocchi messi ripetutamente in atto dal 2011. Tale meccanismo doveva essere ripristinato dal 1° gennaio 2022 e avrebbe garantito un maggiore recupero del potere d’acquisto delle pensioni, fortemente eroso negli ultimi dieci anni. Ancora una volta – conclude lo Spi-Cgil – si sceglie quindi di mettere le mani nelle tasche di una categoria che ha già dovuto pagare pesantemente le scelte politiche ed economiche dei vari governi che si sono succeduti. È un errore e una profonda ingiustizia, resa ancora più insopportabile perché fatta di nascosto e senza passare da alcun confronto con i sindacati che rappresentano milioni di pensionati».

«Riteniamo assolutamente inaccettabile che il governo voglia differire ancora una volta la rivalutazione delle pensioni – fa eco la Fnp Cisl – . Questa è una scelta inopportuna e oltremodo grave. Ancora una volta il governo non mantiene le promesse assunte con l’accordo con le organizzazioni sindacali del 2017 di procedere alla rivalutazione delle pensioni e, addirittura, differisce al 2023 il meccanismo di perequazione più equo e proporzionale previsto dalla legge n. 388/2000. La Fnp Cisl chiede, quindi, che si ponga immediatamente mano al predetto testo, restituendo fin dal 2021 ai pensionati il diritto ad una equa rivalutazione dei trattamenti previdenziali particolarmente sollecitati dall’andamento congiunturale per effetto della pandemia in corso», chiude la Fnp Cisl.