Se il cuore del Nord Est che lanciava la sfida a Milano batteva solo per gli schei, ora l’infarto di banche e cassaforti archivia definitivamente ogni mitologia sul “modello veneto” (una sorta di Legaland con troppa contabilità in versione off limits).

L’arresto di Vincenzo Consoli, l’ex amministratore delegato di Veneto Banca, rischia di far da apripista a una valanga giudiziaria che si prospetta più “salata” di Tangentopoli 1992, meno Vip dello scandalo Mose e spietata nei confronti della “sussidiarietà finanziaria”. È quella che per decenni ha mantenuto il marketing della politica, il capitalismo molecolare inabissato, “eccellenze” più o meno virtuali e la società per azioni assistita da generosi finanziamenti a senso unico.

Con il blitz della Guardia di finanza (su mandato del procuratore aggiunto di Roma, Rodolfo Sabelli, e del pm Stefano Pesci) sono scattati perquisizioni e sequestri: 14 gli indagati nel fascicolo che riguarda la gestione della banca di Montebelluna nel 2013-2014. Solo a Consoli, che deve rispondere di aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza, sono stati “congelati” 45,4 milioni di euro in contanti, titoli e immobili.

Enrico Cappelletti e Gianni Girotto, senatori M5S, evidenziano un paio di link: «Il prestito di 7,6 milioni concesso nel 2012 a Denis Verdini per poter pagare la sanzione per bancarotta fraudolenta erogatagli dalla Banca d’Italia» e «la fidejussione a Giancarlo Galan con cui l’ex governatore e ministro acquistò e ristrutturò la faraonica Villa Rondella».

Consoli, classe 1949, originario di Matera, è un ragioniere con grandi ambizioni. Debutta a 28 anni allo sportello della filiale Credito Italiano di Biella: si applica subito a imparare da Danilo Danielis. Così sbarca alla Banca Popolare di Asolo e Montebelluna, nata nel 1877: Consoli risulta assunto nel 1989 e in otto anni scala la piramide diventando direttore generale. Costruisce il “miracolo” incorporando banche dalla Lombardia alle Marche, dalla Puglia al Piemonte. Veneto Banca è un colosso: più di 500 filiali e 6 mila dipendenti, con 47 miliardi di euro in portafoglio e succursali in Croazia, Albania, Romania e Moldavia Una “bolla” destinata a esplodergli sulla scrivania, sotto il paesaggio dipinto da Guglielmo Ciardi. Gli 87.502 soci di Veneto Banca si ritrovano in mano carta straccia. E adesso tocca al Fondo Atlante prendersi sulle spalle le macerie di Montebelluna.

L’ologramma del Nord Est va in frantumi. Le banche della tradizione cattolica cancellate. La holding finanziaria Palladio (fondata da Roberto Meneguzzo, che ha patteggiato 2 anni e 6 mesi a Milano per lo scandalo Mose) alle corde. La gestione del risparmio dei salotti buoni azzerata d’autorità.

A Vicenza tremano, perché il ventennio di Gianni Zonin (“re” del vino e padre-padrone della Banca Popolare) è lo specchio gemello di Montebelluna. A Consoli contestano per via giudiziaria le “operazioni banciate” (cioè finanziamenti in cambio dell’acquisto di azioni), perfino con investitori improbabili. Sul vertice di Bpvi avevano già aperto fascicoli le Procure di Udine e Treviso, mentre a Vicenza fra i nove indagati spiccano i nomi di Zonin e dell’ex presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato.

Così Renato Ellero, 72 anni, ex senatore e docente universitario, avvocato nell’intervista a Marco Milioni del quotidiano locale on line La Sberla afferma: «Di riffa o di raffa le condotte attribuite a Zonin sono state attribuite ad altri membri del CdA come l’ex dg Samuele Sorato, l’ex presidente di Confindustria Vicenza Giuseppe Zigliotto o gli ex top manager Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta, insieme a Giovanna Dossena. Ora se più di tre persone si uniscono per commettere un reato, questa è associazione a delinquere. Se fossi il procuratore Antonino Cappelleri, un pensierino alle dimissioni lo farei…».

Non va certo meglio a Padova. Il profondo rosso di Banca Popolare di Garanzia, creatura della locale Confindustria, ha prodotto 16 nomi eccellenti nel fascicolo della Procura, fra cui Francesco Bellotti, ex vice presidente nazionale di Confindustria; Arturo Jacur Romanin, già in Generali.

Ma c’è un altro imbarazzante dossier. Riguarda Est Capital, società di gestione del risparmio con 18 fondi immobiliari e asset per oltre un miliardo di euro. Costituita davanti al notaio Nicola Cassano faceva capo alla famiglia Tosato e a Gianfranco Mossetto, ex docente di Ca’ Foscari. Estcapital Sgr si è “integrata” con Palladio Finanziaria e Maltauro, mentre inseriva Rinaldo Panzarini. In seguito a sanzioni per ”gravi irregolarità nell’amministrazione” e verbali delle Fiamme Gialle, il ministro Padoan il 21 maggio 2014 ha firmato il decreto numero 40906: commissario straordinario. E immediate acquisizioni della documentazione depositata alla Edmond de Rotschild in Lussemburgo. Un “caso” oscurato dai riflettori su Banca Etruria, sintomatico del sistema Nord Est al capolinea.

Errata Corrige

L’articolo è stato modificato in data 4 dicembre 2023 per il rispetto del diritto all’oblio di uno dei soggetti interessati.