A supportare il ministro dell’Interno Salvini nella sua battaglia pro-inceneritori è arrivato il soccorso lombardo. «Se Di Maio dice che gli inceneritori inquinano – ha detto il presidente della Lombardia Attilio Fontana – io rilancio con una mezza provocazione e mezza proposta dicendo che smetteremo di bruciare rifiuti di altre regioni. Chiederemo di cambiare la legge allo Stato che ci impone di accettare rifiuti da fuori e a quel punto non sarà più una provocazione».

Attilio Fontana, governatore della Lombardia Foto LaPresse/Nicola Vaglia

Non è un caso che a soccorrere Salvini sia arrivata la Lombardia e non il Veneto, anch’esso amministrato da un leghista, Luca Zaia. Il Veneto ha solo 4 inceneritori e percentuali di raccolta differenziata più alte della Lombardia, dove gli inceneritori sono 13. Negli ultimi quindici anni il sistema veneto ha disincentivato la costruzione degli inceneritori, quello lombardo, che pure ha prodotto alti livelli di differenziata, no. Alcuni di questi ora sono vecchi e nei prossimi anni potrebbe essere spenti o convertiti.

Il business dell’incenerimento si dovrà quindi trasferire altrove. La Lombardia con i suoi 13 impianti oggi potrebbe bruciare fino a 2.5 tonnellate di rifiuti, ne brucia 2.2. Il decreto Sblocca Italia del governo Renzi ha ampliato la tipologia di rifiuti che la Lombardia può accogliere da altre regioni, contro quel decreto la passata giunta guidata dal leghista Maroni aveva impugnato il testo davanti alla Corte Costituzionale. Non solo, nel 2013 il consiglio regionale lombardo aveva votato per il decommissioning, cioè la progressiva disattivazione degli impianti.

L’attuale giunta Fontana ha timidamente confermato questo orientamento, dicendo di voler spegnere o convertire gli impianti più vecchi. All’indomani dell’approvazione dello Sblocca Italia Legambiente commentava dicendo che quel testo sarebbe stato «un grande favore a quelle società che a causa della minore produzione di rifiuti in Lombardia sarebbero state costrette a chiudere».

La polemica sollevata da Salvini contro i 5 Stelle è così arrivata anche in Lombardia dove i pentastellati regionali hanno attaccato il presidente Fontana. «In Lombardia abbiamo la peggiore aria d’Europa – ha detto il consigliere regionale M5S Dario Violi – questo sì che è un dato certificato. Se fossi in Fontana non affronterei questa discussione con superficialità, ma la prenderei molto più sul serio. La Lombardia non può diventare la pattumiera d’Italia per far guadagnare qualche azienda».

Gli ha risposto l’assessore all’ambiente Raffaele Cattaneo: «Il modello lombardo è virtuoso perché non manda a incenerire il rifiuto tal quale, ma ciò che resta a valle della raccolta differenziata, del riciclo e del riuso. Il nostro modello è un esempio per tutto il Paese». La verità sta nel mezzo: la Lombardia differenzia molto, il 67%, ma il modello basato sugli inceneritori, che Salvini vorrebbe esportare, è in crisi.

Per chi lavora su questi temi da anni la polemica Lega-M5S è strumentale e politica. «È una polemica con poca consistenza tecnica», dice Enzo Favoino, Coordinatore Scientifico di Zero Waste Europe e profondo conoscitore delle politiche sui rifiuti. «Nel gennaio 2017 l’Ue ha pubblicato una relazione nella quale dice che non c’è ruolo per il recupero energetico nell’economia circolare e questo significa minimizzare il rifiuto residuo e il residuo da bruciare. Investire sugli inceneritori è costoso ed è in prospettiva un rischio finanziario proprio perché l’economia circolare diminuirà la quantità di rifiuti da bruciare». Salvini però ha deciso di usare anche questo tema per mettere in difficoltà i 5 Stelle, autoproclamandosi portavoce della parte produttiva del Paese contro chi dice «no».

Da ministro dell’Interno avrebbe potuto incentivare controlli di polizia nella Terra dei Fuochi campana, chiedere attenzione sugli sversamenti illegali e gli incendi. Ha scelto invece di riportare in agenda una discussione fuori tempo massimo sugli inceneritori prendendo a modello solo una parte del sistema lombardo: l’incenerimento. In serata a Salvini è arrivata una frecciata dall’ex presidente lombardo Maroni: «Si tratta di una polemica che riempie le pagine dei giornali facendo dimenticare qualche altra cosa, come i problemi sollevati dal mondo delle imprese: flat tax insufficiente, riduzione delle imposte insufficiente, sostegno al mondo delle imprese insufficiente. La questione settentrionale insomma».