Dopo aver fatto capire che alcuni Comuni sarebbero finiti in zona rossa, il presidente Fedriga aveva convocato, lunedì mattina, una conferenza stampa per annunciare la sua nuova ordinanza: vietato consumare cibi e bevande nei luoghi aperti al pubblico, centri sportivi chiusi e fine degli allenamenti anche all’aperto, evitare di utilizzare il trasporto pubblico, non andare in casa d’altri. Tanto rumore per una ordinanza che sembrava poca cosa ma c’era l’ammissione di una situazione molto difficile: “O torniamo sul binario o deragliamo”, con un Fedriga preoccupato e tutto teso ad addossare al comportamento dei singoli la responsabilità del propagarsi del contagio.

Poi, nell’arco di un pomeriggio, tra le cose scritte non è comparso alcun divieto agli allenamenti e tanto meno il divieto a bersi il caffè prelevato dal bar mentre ci si allontana. Una ordinanza che non ordina nulla. Poi si scopre quella lettera, firmata con tutti i presidenti delle regioni alpine, che diffida il governo a vietare l’intoccabile “settimana bianca” mentre in montagna sono già in funzione i cannoni per innevare le piste.

Una sorta di altalena, o di doppio registro, al quale però si è fatta l’abitudine: soltanto un paio di settimane fa Fedriga aveva usato toni asprissimi accusando di insensatezza il governo che aveva dichiarato il Friuli Venezia Giulia zona arancione. Ne aveva dette di cotte e di crude sui 21 parametri: improbabili, sbagliati, eccessivi. Era comparso in tutti i talkshow, era sceso in piazza ad aizzare baristi e ristoratori, aveva riunito gli altri presidenti di regione per abbattere i criteri utilizzati dal governo: “È inammissibile che a decidere sia un algoritmo invece che la politica!”.

Dopo l’incontro con il ministro Boccia, i 21 parametri erano stati confermati e Fedriga era ricomparso in tv con l’aria di chi assiste ad uno sfracello e, a sorpresa, aveva ammesso: “I numeri di ieri e di oggi ci fanno preoccupare e la pressione sugli ospedali sta crescendo. Non possiamo permetterci di finire in zona rossa. Non possiamo continuare così.” Che avesse visto i numeri?

Per alcune zone del Friuli e del goriziano, dove la crescita del contagio è dichiarata fuori controllo, Fedriga aveva annunciato uno screening di massa e sembrava un miracolo visto che le strutture pubbliche da tempo non riescono a far fronte alle richieste di tamponi, con grandi guadagni per i privati sempre invece ben riforniti, ma a oggi i tamponi sono arrivati soltanto in uno dei sei paesi individuati. I test non ci sono ma arriveranno: “Ne aspetto centomila” aveva detto il presidente lunedì scorso e speriamo non sia come per il vaccino antinfluenzale che, a tutt’oggi, non si trova. 

E per i casi positivi, ci saranno gli alberghi covid? “Certo, le strutture ci sono già” ma né lui né il suo assessore raccontano quante e quali siano.

Gli ospedali? I posti letto per i malati covid ci sono, peccato siano drammaticamente a scapito delle altre patologie e che il personale sanitario, numericamente carente, sia al limite. 

Dalle case di riposo arrivano numeri peggiori che in primavera e non sempre è possibile separare i positivi dagli altri ospiti; due terzi dei reclusi nel carcere di Tolmezzo e più della metà degli stranieri nel Cara di Gradisca sono risultati contagiati. Che si fa? Quel che si è visto sono tendoni militari nel cortile del Cara, quel che si sa è che la direttrice del carcere di massima sicurezza è in ambasce perché, oltretutto, deve riorganizzare il quotidiano dei carcerati e del personale. Paiono davvero imprese improbe così al buio, senza indicazioni, da un giorno all’altro.