«Mio fratello credeva profondamente nell’Italia mentre io ho preferito tornare in Colombia, lui è morto nel crollo del ponte e ora dal processo mi aspetto coerenza, lo Stato dice di voler difendere i cittadini ma fino a ieri è stato dalla parte del boia». Manuel Diaz è il fratello di Henry Diaz, una delle 43 vittime del viadotto sul Polcevera. 30 anni, studiava ingegneria ed era attivo nel volontariato. Manuel ieri mattina si è messo in fila davanti a palazzo di Giustizia insieme ad altre 145 parti offese, familiari delle vittime, persone vicine ai feriti, e i relativi avvocati, ma anche alcuni dei 20 indagati.

Si è aperto, nell’aula bunker, a porte chiuse l’incidente probatorio nell’ambito dell’inchiesta sul disastro di ponte Morandi. Questa fase del processo consiste nell’assunzione anticipata dei mezzi di prova, rispetto alla fase dibattimentale, per evitare che la prova non si possa deteriorare. E davanti al tribunale, preso d’assalto da giornalisti, non solo chi direttamente è stato chiamato in causa dal disastro ma anche chi, da cittadino, ha voluto esserci. Persone che non riconoscono, o comunque non reagiscono al suo passaggio, il provveditore Roberto Ferrazza, già membro della commissione ispettiva del Mit. «Sono sereno e tranquillo» ha detto, entrando a palazzo. Poco distante, quasi mescolandosi, la zia di Samuele Dobbiamo, il bambino di 8 anni morto insieme ai genitori. «I miei assistiti non hanno mai avuto istanze di carattere vendicativo o risarcitorio – spiega l’avvocato Andrea Martini – auspicano che emergano le cause e le responsabilità: non un colpevole ma il colpevole».

Tra le parti offese è stato inserito dai giudici il Codacons, «a tutela degli interessi della collettività», ma non l’Anpi o la Cgil. Non ci sono neppure gli sfollati, per una questione tecnica, visto che sono «parte danneggiata» e non offesa. Dopo circa tre ore di seduta, il giudice per le indagini preliminari Angela Nutini ha dato l’incarico ai periti Giampaolo Rosati del Politecnico di Milano, Massimo Losa dell’Università di Pisa e Bernhard Helsener dell’università di Università di Zurigo di svolgere le operazioni di analisi dei reperti. I periti hanno quindi chiesto 60 giorni di tempo per svolgere le operazioni e il primo sopralluogo in contraddittorio è stato fissato per il 2 ottobre, martedì prossimo, presso il deposito Amiu di Campi, ovvero dove insiste il pilone del ponte che si è sgretolato. Al termine dei 60 giorni, che scadono dunque il 2 dicembre, i tecnici discuteranno le conclusioni della perizia in un’udienza fissata per il 17 o il 18 dello stesso mese. La demolizione potrà partire solo dopo.

Tra le istanze presentate dagli avvocati, ma difficilmente praticabile, quella di velocizzare le pratiche dell’appello: per espletarle ieri ci è voluta un’ora e mezzo di udienza, tempo prezioso che tuttavia non è potuto essere ricalibrato a causa del legame indissolubile tra codice di procura penale e burocrazia.