«In fiamme comincia in gruppo. È il frutto di una pluralità di posture che si afferma contro ogni posizione magistrale». Inizia così l’introduzione del volume edito da Bruno e curato da Ilenia Caleo, Piersandra Di Matteo e Annalisa Sacchi, il cui sottotitolo recita La performance nello spazio delle lotte (1967-1979). Un libro collettivo e ampio – sono una quarantina gli autori e le autrici degli interventi, a cui si aggiungono numerose fotografie – importante tanto per chi ha vissuto quella stagione quanto per chi non c’era ma anela ad un teatro inteso come ricerca artistica e comunitaria che tenta di infrangere il mimetismo del reale e le forme già date per aprire squarci su altri mondi possibili.

L’OCCASIONE del libro lascia dei segni anche nella struttura e nel contenuto, il progetto di ricerca «InCommon», a cui le tre curatrici fanno riferimento, ha promosso due convegni di cui uno realizzato nel 2017 e un altro rinviato più volte, prima per l’acqua alta a Venezia e poi per la pandemia. Il volume è quindi una sostituzione o condensazione di questo secondo incontro mai avvenuto, motivo per cui accanto alle diverse interviste e conversazioni figurano interventi che, presumibilmente, erano stati pensati per essere esposti pubblicamente; questo fa sì che emergano «prese di parola» innervate di vissuto ed esperienze in prima persona. Le voci appartengono allo stesso titolo ad artisti e critici, fotografi e organizzatrici, studiose e figure di movimento che si riconoscono in uno slancio e una sensibilità comune, una condivisione d’intenti in cui sono in gioco le modalità produttive quanto il «pensarsi insieme» anche fuori dal palcoscenico: l’impatto tra teatro e politica avviene a questa altezza. Non c’è una scansione temporale precisa, solo due punti di riferimento: il ’67, l’anno del Convegno di Ivrea per un Nuovo Teatro (di cui viene riportata una sintesi degli interventi) e il ’79, come fine del decennio e «scomodo anniversario extra-teatrale» con riferimento al processo che colpì l’Autonomia Operaia. In questo intervallo si intrecciano, in maniera non sistematica, le testimonianze; tra quelle che colpiscono maggiormente Marion d’Amburgo che racconta i primi passi del Carrozzone, un resoconto in cui risuona più volte la teoria demartiniana sulla perdita della presenza (De Martino è protagonista, tra l’altro, anche dell’intervento di Franco Berardi Bifo).

Leo e Perla foto di Donatella Rimoldi

CI SONO poi alcuni eventi che ri tornano, come il Living Theatre che porta Paradise Now nell’aula di Legge della Sapienza di Roma nel dicembre ’69, secondo quanto ricostruito da Annalisa Sacchi attraverso le foto di Rodrigo Pais, dove gli studenti sembrano rimanere per lo più attoniti e distanti nei confronti di quell’esperimento che rompeva le regole sociali dello stare insieme. Roma è una città al centro di più racconti, soprattutto in relazione alla scena che si formò intorno al Beat 72. Giorgio Barberio Corsetti ricorda anche le esperienze che partirono da lì per poi diffondersi altrove: «A Villa Borghese, con Ulisse Benedetti del Beat 72, abbiamo tirato su questo padiglione di tubi innocenti e tela di camion dal nulla …] destò lo scandalo di una serie di intellettuali romani, le cui malinconiche passeggiate venivano disturbate dalla presenza di questo Ufo».

UN ALTRO momento evocato è Santarcangelo 1978, su cui Silvia Bottiroli scrive: «Fu forse questo squarcio aperto nel tessuto della realtà, che mentre rese possibile un contatto con il reale, originò anche una reazione di oblio e rifiuto. Paura, dirà Bacci anni dopo. Paura non tanto di quel che era accaduto, ma di quel che sarebbe potuto accadere». Ancora, torna più volte la Settimana della Performance a Bologna nel ‘77, attraverso le parole di Franco Solmi, Silvia Fanti – con quella rioccupazione degli stessi spazi nella Live Art Week del 2017 – e di Gianni Manzella, nel cui intervento trova posto la riflessione sulla postura del critico quanto quella sulle modalità produttive del gesto artistico: «Fare da sé, con i propri strumenti di bordo e non con quelli della tradizione, qualunque cosa fosse. Fare da sé la propria musica, il proprio teatro. Qui e ora».

IN QUESTA complessa e variegata tela che è In fiamme, di cui qui possiamo solo parzialmente rendere conto, c’è poi una sezione dedicata ai segni lasciati da alcuni individui in particolare: Marco Baravalle ricorda Giuliano Scabia e il suo Scontri Generali, messa in scena delle lacerazioni della sinistra censurata all’epoca dal partito; Enrico Pitozzi scrive su Edoardo Fadini e il decentramento; Maria Grazia Berlangeri su Carlo Quartucci e il festival di S. Beckett; Valentina Valentini di Simone Carella e la sua pratica multiforme. Non mancano le riflessioni sull’evoluzione dei fenomeni artistici, come l’interessante affondo sulla danza in Italia di Alessandro Pontremoli, a cui si accostano degli interventi «ponte» che tracciano linee di continuità come quello di Michele Di Stefano. Sul piano politico, è Ilenia Caleo ad immaginare – anche sulla scorta di esperienze come l’occupazione del Valle – istituzioni affermative e gioiose. Questioni che si affacciano sul presente tramite uno sguardo retrospettivo ma mai nostalgico, in un movimento unico di pensiero, politica, arte e vita la cui eredità è da mettere sempre di nuovo alla prova.