Nella Calabria abbandonata da tutti e con una sanità ormai senza speranza, la protesta si sposta a Roma sotto le finestre del ministro. L’appuntamento è per stamane davanti al dicastero sul Lungotevere Ripa. «Non c’è più tempo. In Calabria si muore per malasanità davanti agli ospedali», dicono i comitati che si rivolgono direttamente al ministro.

«Speranza prenda immediatamente provvedimenti perché nessuno sia più messo nella condizione di ospitare i propri parenti per curarsi nelle strutture ospedaliere già sature del Lazio e perché nessuno sia più costretto ad affrontare il calvario della malattia a centinaia di chilometri dalla propria abitazione». La situazione ormai è fuori controllo. Undici anni di commissariamento della sanità pubblica hanno lasciato macerie e conseguenze pesantissime. Ultima in tutte le classifiche regionali di qualità della lotta al Covid e nella campagna di vaccinazione, la regione assiste sgomenta a questa deriva.

I numeri sono preoccupanti. C’è la possibilità concreta che si faccia dietrofront e dopo appena 15 giorni si debba ritornare in zona rossa. Ieri altri 560 contagi, 5 decessi, 3615 tamponi e un tasso di positività alle stelle: oltre il 15%. Malgrado ciò, il commissario Figliuolo, in visita nei giorni scorsi, ha detto che va tutto bene. E il presidente reggente Nino Spirlì ha fatto anche peggio. Si è messo la sciarpa amaranto al collo ed è andato allo stadio “Granillo” per vedere la Reggina. In barba a tutte le regole di buonsenso. Tutto questo mentre a Cosenza si morirebbe in ambulanza nell’attesa del ricovero per Covid. Due pazienti sarebbero morti in pochi giorni mentre attendevano che si liberasse un posto in reparto.

Martedì scorso il direttore dell’Azienda Ospedaliera, Angelo Barbato, in una dichiarazione all’Ansa ha smentito: «Nessun morto in ambulanza e posso escludere anche una morte nella tenda pre-triage». Ma circolano delle immagini che dimostrerebbero il contrario. Ai pazienti i soccorsi non sarebbero stati prestati perché tutti i medici e gli infermieri in quel momento erano oggettivamente impossibilitati a farlo, travolti da una quantità ingestibile di malati Covid.

La notizia ha suscitato un’ondata di indignazione. Un Comitato spontaneo formato da «Calabresi in mobilitazione per la salute pubblica» ha occupato per tre giorni e due notti gli uffici direzionali dell’Azienda sanitaria e di quella ospedaliera. Chiare e nette le richieste che i comitati in Calabria formulano da ormai un anno: «Azzerare il debito sulla sanità, fine del commissariamento. Riaprire gli ospedali. Assumere medici ed infermieri».

A queste incessanti richieste avanzate da più parti, l’azienda ha risposto proponendo compensi irrisori per infermieri da assumere solo a tempo determinato. Al momento hanno aderito soltanto 6 operatori sanitari. Inoltre l’ospedale militare da campo, allestito a Cosenza, che avrebbe potuto dare sollievo al pronto soccorso della città, è stato inspiegabilmente riconvertito in centro vaccinale. Ieri pomeriggio, sfidando la paura del contagio e mantenendo il distanziamento, numerosi cittadini si sono ritrovati davanti alla sede dell’Asp per testimoniare la vicinanza agli occupanti e discutere in una pubblica assemblea.

I sindaci della provincia si sono dati appuntamento per domattina davanti all’ospedale Bruzio, dove terranno una manifestazione di protesta per richiamare l’attenzione del governo. Rilanciando lo slogan «La salute prima di tutto», sempre per sabato, ma alle 17,30, Radio Ciroma ha convocato nella vicina piazza Cappello un altro presidio di solidarietà con il personale medico. Tutti sperano che Speranza, il ministro, batta un colpo.