È il capitalismo, bellezza: privatizzare i profitti e socializzare i danni. E così può accadere che in Calabria la regione sia sulla carta proprietaria dell’acqua dei laghi silani, ma poi nei fatti sia una multinazionale a decidere sugli invasi lacustri. In base a una suicida convenzione del 1969 fu la regione ad affidare ai privati la gestione dei bacini della Sila che alimentano le centrali idroelettriche e che rilasciano l’acqua per scopi irrigui e idropotabili ai consorzi di bonifica. La multiutility, titolare della concessione fino al 2029, è A2A Spa, sede a Milano e affari in Calabria, fatturato miliardario e quotazione in borsa.

È UNO DEI PRINCIPALI gestori di teleriscaldamento, una galassia di 121 società partecipate. È proprietaria del termovalorizzatore di Brescia e dell’inceneritore di Acerra, ha interessi nei Balcani. Nel 1969 la gestione dei laghi di Calabria era della Cassa del Mezzogiorno ma poi fu affidata ad Enel, Endesa, Eon e infine ad A2A. Ma da oltre un mese la società lombarda fa spallucce di fronte alle necessità delle aziende agricole nella stagione calda. E nega il diritto ai contadini di poter beneficiare di una risorsa pubblica proveniente dai meravigliosi laghi silani: il Cecita, l’Ampollino, l’Arvo, il Serbatoio del Passante.

«LA LEGGE GRADUA le priorità – rimarca il presidente del Consorzio di Bonifica Jonio catanzarese Fabio Borrello – e vi sono prima le necessità potabili, poi quelle irrigue e successivamente quella idroelettrica se compatibile con le prime due». La carenza idrica continua a tener banco a queste latitudini, tra bacini all’asciutto e pompaggi da effettuare dai pozzi per evitare danni irrimediabili alle colture. E non va meglio per l’acqua potabile. Ad Arghillà, popoloso quartiere di 6mila anime a nord di Reggio, l’acqua in estate non la vedono da anni nonostante la pugnace mobilitazione del coordinamento di quartiere. Stessa musica a Crotone, quarta città della regione e per cinque infiniti giorni senz’acqua per la rottura di una conduttura. Acqua col contagocce e colture compromesse, dunque. Il Consorzio di bonifica minaccia di trascinare in tribunale A2A.

SECONDO LA CONVENZIONE la multinazionale dovrebbe rilasciare da giugno a settembre a valle della centrale idroelettrica di Magisano 24,6 milioni di metri cubi di acqua. E, ai sensi del Testo unico ambientale, laddove la disponibilità dell’invaso dovesse risultare inferiore alla capienza iniziale, la società sarebbe obbligata a sospendere l’esercizio degli impianti. Ma nei giorni scorsi il consorzio ha trovato vuota la vasca sul fiume Simeri. Persino la regione ha reagito alla protervia della multinazionale: «L’acqua è un bene pubblico – ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo – e deve essere resa disponibile prima per uso potabile, poi per uso irriguo e infine per usi industriali». I contadini non mollano e promettono battaglia. «A causa dell’ostruzionismo e arroganza di A2A – osserva Franco Aceto, presidente regionale di Coldiretti – i focolai di tensione si stanno allargando su tutto il territorio. Gli agricoltori non hanno l’acqua per l’irrigazione a causa dei bizantinismi di A2A che continua a frapporre vincoli nei rilasci idrici. Una cosa è certa: non si possono più tollerare le condizioni particolarmente favorevoli ad A2A, in virtù di concessioni datate 50 anni, né procedere all’infinito in inutili compromessi. L’energia rinnovabile è sostenibile quando viene prodotta in armonia con l’economia di un paese e non come accede oggi in Calabria dove viene prodotta mettendo in ginocchio un intero comparto».

E AI DANNI si aggiunge la beffa. Secondo un voluminoso documento, prodotto dall’ente di bonifica, A2A starebbe scaricando in mare l’acqua che sarebbe potuta affluire nei bacini crotonesi di Sant’Anna e Calusia. Andrebbero persi, usati per soli fini di produzione elettrica, 226 milioni di metri cubi l’anno. La guerra dell’acqua bagna sempre più questa infuocata estate di Calabria.