Nel giorno in cui il governo di Michel Temer annuncia una nuova ondata di privatizzazioni selvagge (trasporti, infrastrutture, è il programma Crescer bellezza) e Neymar debutta come cantante, la Camera dei deputati brasiliana ha decretato il definitivo tramonto politico di Eduardo Cunha, principale artefice insieme allo stesso Temer del «golpe istituzionale» che ha infine tolto la carica di presidente della Repubblica a Dilma Rousseff, con la conclusione a lei sfavorevole – lo scorso 31 agosto – del processo di impeachment per reati «fiscali».

Dei parlamentari brasiliani Cunha è stato presidente fino allo scorso 7 luglio, quando rinunciò alla carica (in maggio era già stato sospeso dal Tribunale supremo federale) nella speranza di evitare il procedimento avviato contro di lui per le false dichiarazioni rese di fronte alla Commissione d’inchiesta parlamentare sui fondi neri Petrobras. L’esponente del Partido do Movimento Democrático Brasileiro (Pmdb), la stessa formazione a cui appartiene l’attuale presidente della Repubblica, è coinvolto fino al collo nell’inchiesta Lava Jato, il colossale scandalo politico-affaristico con al centro la compagnia petrolifera di stato. È accusato di corruzione e riciclaggio di denaro. Su di lui pende anche una richiesta di arresto da parte del Procuratore generale della Repubblica Rodrigo Janot, che lo accusa di aver utilizzato l’importante carica isttuzionale che ricopriva per ostacolare le indagini. E ora che ha perso lo scudo dell’immunità parlamentare il suo nome rischia di finire in una decina di inchieste e procedimenti penali che riguardano cinque diversi tribunali brasiliani.

Il voto con cui nella notte tra lunedì e martedì Cunha è stato destituito dalla carica di parlamentare federale – 450 a favore, 10 contrari – è frutto dell’ostinazione con cui l’economista 58enne ha continuato a negare l’esistenza – poi confermata dalle autorità elvetiche – di conti bancari svizzeri a lui riconducibili, quelli nei quali finivano le tangenti Petrobras: ad esempio, un milione e mezzo di euro circa per l’acquisto di un giacimento petrolifero in Benin, poco meno per l’affitto di due navi-sonda.

Cunha è stato anche interdetto da qualsiasi carica pubblica per otto anni. Ma non potrà ricandidarsi prima del 2028, perché la sanzione decorre dalla scadenza del mandato elettorale in corso (quello attuale è iniziato nel 2014). Nel caso in cui invece dovesse essere condannato da un tribunale brasiliano, gli otto anni di sospensione scattano al termine della pena.

Subito dopo il voto della Camera bassa Cunha ha parlato di un complotto mediatico guidato dalla tv Globo e di una «vendetta politica» per il ruolo da lui svolto nell’avvio del processo di impeachment contro Rousseff. Ha minacciato anche i suoi compagni di partito, il governo Temer e il suo successore alla guida del parlamento di Brasilia, Rodrigo Maia, di rivelare in un libro tutti i retroscena delle manovre che hanno portato alla destituzione di Dilma. Ai giornalisti che ieri lo incalzavano sulla disponibilità di prove ha detto di non possedere registrazioni dei colloqui che intende far pubblicare, anche perché detesta le intercettazioni, ma ha aggiunto che dispone di una «buona memoria». E che dal libro spera di ricavare «ottimi guadagni». A sua volta Rousseff, nella recente autodifesa di fronte al Senato, aveva accusato Cunha di voler istruire il procedimento di impeachment per vendicarsi del rifiuto opposto dalla presidente alla richiesta di coprire una serie di illeciti da lui commessi.

«Chi semina vento raccoglie tempesta», si è limitato a commentare il presidente del Senato (e suo compagno di partito) Renan Calheiros. Il quale a sua volta ha in sospeso un procedimento presso il Supremo Tribunal Federal (Stf). Gli esponenti del Partido dos Trabalhadores (Pt) di Lula e Rousseff parlano di «giorno storico». Il deputato paulista e vice-presidente del Pt Paulo Teixeira sottolinea il risultato «massacrante» per un uomo politico che «rappresenta un grande male, ma che certo non ha scritto da solo questa brutta pagina della storia brasiliana».