Nelle roccaforti della comunità degli affari è stata una giornata particolarmente ansiogena. Fin dalle prime ore del mattino gli operatori di Borsa si aggiravano nervosamente nei meandri di palazzo Mezzanotte, sede della Borsa valori, come se fossero imputati in attesa di giudizio. «Se stasera Standard & Poor’s ci declassa e in più ci appioppa un outlook negativo – ci spiegava ieri pomeriggio un vecchio e navigato agente di cambio – i nostri titoli diventano junk bond, spazzatura. E a quel punto la vedo molto dura. Lunedì prossimo potrebbe essere il giorno dello showdown con lo spread a 400. Se si tocca quella soglia può succedere di tutto».

Per tutta la giornata la paura è stata proprio quella: che dopo Fitch e Moody’s arrivasse la batosta finale di Standard & Poor’s, che a tarda sera conferma il rating dell’Italia a BBB ma rivede al ribassom l’outlook, da stabile a negativo.

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi ha chiuso a 311 punti base, in calo rispetto all’avvio intorno ai 313 punti. Il rendimento del decennale si è fermato al 3,53% secondo la rilevazione di Mts.

La Borsa è partita male. Per Piazza Affari è stato un altro venerdì a tinte fosche. In attesa che arrivasse il giudizio di S&P, le vendite sull’azionario di Milano hanno messo ancora sotto pressione i titoli bancari e quelli del risparmio. Alla fine di una seduta densa di volatilità, il Ftse Mib ha chiuso in calo dello 0,7% a 18.683 punti e ha ridotto le perdite dai minimi di 18.418 punti (-2%) toccati nel corso della giornata. L’avvio pesante di Wall Street, che con il Nasdaq è arrivato a perdere il 3%, non ha aiutato i corsi azionari dei mercati europei, tutti negativi a fine seduta. Parigi ha chiuso in ribasso dell’1,3%, Londra dello 0,9%e Francoforte dello 0,94%.

È stata debole anche Madrid (-0,64%). Oltreoceano, i titoli delle big hi-tech hanno fatto arrancare gli indici americani. Il Dow Jones ha toccato perdite dell’1,4% a 24.631 punti, ma è andata peggio per il Nasdaq, che intorno alle 18 cedeva il 2,4% a 7.145 punti. Sull’indice tecnologico ha pesato il collasso di Western Digital (-18%), che nel primo trimestre ha registrato un calo dei ricavi del 2,9% rispetto allo scorso anno. In forte calo anche Amazon (-8%) e Alphabet (-3%), la holding che controlla Google, dopo le trimestrali.

Intanto, dopo l’allarme inascoltato lanciato dal presidente della Bce, Mario Draghi, il Tesoro e le banche hanno cominciato a leccarsi le ferite e a fare una seria diagnosi dei danni provocati dallo spread. I collaboratori di Giovanni Tria hanno annunciato al ministro che per il Tesoro il costo per il servizio del debito è aumentato sensibilmente. L’asta di ieri che ha assegnato Ctz e Bpt per circa 4 miliardi ha registrato una crescita dei tassi d’interesse. Per i Ctz, (Certificati del Tesoro zero coupon), il costo – rileva un’indagine del Sole 24 ore – è lievitato in modo preoccupante: si è passati dai 7,15 milioni di euro per ogni miliardo dell’asta dello scorso settembre, ai 16,26 milioni per ogni miliardo nell’asta di ieri.

«Considerando che nell’asta di ieri il Tesoro ha emesso 3 miliardi dello ‘Zero Coupon’, l’ammontare complessivo degli interessi è pari a 48,78 milioni su base annua». In totale, per i 3,5 miliardi di euro piazzati sulla scadenza a 3 anni, il servizio del debito è salito a 88 milioni di euro all’anno. Il 10 ottobre, nell’asta del Bot annuale, la spesa per interessi del Tesoro è salita di ben 31 milioni (da 26 a 57 milioni).

Per le banche il quadro è altrettanto preoccupante, visto che nei budget di spesa delle prime sette banche italiane compaiono 18 miliardi di bond da rifinanziare nel 2019 e circa 46 miliardi nel triennio 2019/21. Il rischio è che non ce la facciano. Ed essendo il sistema bancario un veicolo vitale per finanziare l’economia reale, sarebbero guai seri.