La proprietà italiana vende a un gruppo straniero che dirotta gli ordinativi e poi chiude, è quello che sta accadendo con la Treofan: stamattina manifestazione a Battipaglia, in provincia di Salerno, organizzata da Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec in vista dell’ennesimo tavolo di confronto al Ministero dello Sviluppo economico, previsto per il 24 gennaio.
IL GRUPPO ERA DIVISO in due diramazioni: Treofan America con stabilimento in Messico e Treofan Europe con quartier generale e sede produttiva in Germania più due fabbriche in Italia, a Terni (con 145 dipendenti) e Battipaglia (con 78). I macchinari sfornano film in polipropene per imballaggi alimentari. L’anno scorso Treofan Europe ha realizzato un fatturato di 271,8 milioni di euro.
La proprietà aveva come azionista di maggioranza la Management & Capitali, che fa capo a Carlo De Benedetti. Nel 2016 viene deciso di mettere in vendita Treofan: M&C liquida gli altri soci e procede da sola, dall’America ottiene un profitto di 8 volte quanto pagato agli altri azionisti, in Europa riduce le pretese.
IL 6 AGOSTO 2018 firma un accordo vincolante con una diretta concorrente, gli indiani di Jindal, e il 24 ottobre perfeziona la cessione per 500mila euro, cioè la cifra minima fissata nell’accordo: «Erano interessati altri gruppi – spiegano i lavoratori di Battipaglia – come la Sigur film che ha una sede in Russia e invece si è preferito svendere un gruppo che in Italia faceva utili, le uniche perdite in Germania. Il sospetto è che il prezzo sia stato basso in previsione dei costi di chiusura impianti, compito che la proprietà italiana ha preferito lasciare agli stranieri».
LA JINDAL NEL 2013 ha rilevato la Exxonmobil di Brindisi, nel 2015 ha ottenuto un finanziamento dalla regione Puglia di 48 milioni, di cui 12 a fondo perduto, a patto di aumentare la capacità produttiva. Nel sito brindisino lavorano 226 dipendenti, c’è la possibilità di elaborare ordinativi per 100mila tonnellate ma richieste per 45mila tonnellate. «A Battipaglia – proseguono i dipendenti salernitani – avevamo ordini per 900 tonnellate con consegna gennaio, il giorno 3 hanno cominciato a spostarli verso Terni e la Germania, bloccando poi le commissioni in entrata. Attualmente noi siamo fermi, gli altri due siti in sovraccarico finiranno per consegnare in ritardo. Così cominceranno a dirottare su Brindisi e nel futuro potrebbero chiudere anche Terni».
LA JINDAL procede senza dare troppe spiegazioni. Il 21 dicembre avrebbe dovuto presentarsi al tavolo di confronto al Mise ma il 19 cda e collegio sindacale della Treofan danno le dimissioni e il 20 gli indiani comunicano che non saranno al ministero. L’11 gennaio la proprietà partecipa in video conferenza, senza piano industriale, ribadendo che «lo stabilimento di Battipaglia presenta criticità in ragione di problemi contingenti e per una produzione a basso valore aggiunto». La deputata 5S Anna Bilotti e il consigliere regionale campano Michele Cammarano, al termine dell’incontro, spiegarono: «Il colosso indiano non ha preso in alcuna considerazione le raccomandazioni del ministero a riattivare l’impianto di Battipaglia.
L’amministratore delegato si è limitato a tessere le lodi della Jindal Brindisi, parlandone in termini di realtà modello, sebbene vanti un debito di oltre 86 milioni». I lavoratori salernitani ribattono: «Se siamo un peso ci vendano, abbiamo già i compratori. Poi vediamo sul mercato chi è in grado di intercettare le commesse». Il caso Treofan ha finito per coinvolgere anche la diplomazia. Il presidente di confindustria Salerno, Andrea Prete, ha scritto all’ambasciatrice dell’India in Italia, Reenat Sandhu: «L’azienda ha visto, all’improvviso e in assenza di alcuna giustificazione, l’interruzione delle attività con contemporaneo svuotamento di magazzino e spostamento di ordini verso altri siti. Né sono state fornite informazioni dettagliate sul futuro dell’impresa».
Lo stabilimento di Battipaglia è capofila del contratto di sviluppo Corepack, finanziato dal Mise e dalla regione Campania, che partecipa con oltre 18 milioni. Fondi ora bloccati in assenze di certezze sulla salvaguardia dei livelli occupazionali, ma che potrebbero essere utilizzati da un nuovo compratore.