Il decreto sarà varato martedì o più probabilmente mercoledì. Prolungherà le chiusure fino alla fine di aprile ma palazzo Chigi e il ministero della Salute assicurano che se i dati dovessero migliorare le maglie saranno allargate anche prima. Salvini insiste. O finge di insistere: «Se tra 10 giorni la situazione sarà tornata tranquilla sarà giusto riaprire tutte le attività che possano essere riavviate in sicurezza». Sono parole in calce alle quali potrebbero tranquillamente esserci le firme di Draghi e Speranza. Il ministro della Salute replica su Fb che «la campagna vaccinale è la priorità del Paese» però non forza i toni e al ministero la preoccupazione per le tensioni con la Lega è raso terra. Salvini, commentano, deve dare qualcosa ai suoi, non può dimenticare la competizione con l’agguerrita Giorgia. Ma la dichiarazione di ieri viene considerata in realtà un freno alle polemiche. La formula «purché in sicurezza» equivale ad accettare la linea di Draghi e Speranza, toni polemici d’obbligo a parte.

A PALAZZO CHIGI la pensano alla stessa maniera e vanno anche più in là della formula di mediazione ipotizzata da molti e lasciata trasparire da Draghi nella conferenza stampa di venerdì, quella del «check-in» a metà mese. Non ce ne sarà uno solo di check-in, la situazione sarà monitorata in continuazione. In qualsiasi momento si rivelasse possibile allentare le maglie il governo procederebbe. Non che in materia circoli molto ottimismo, però. La formula serve soprattutto a tranquillizzare la Lega. Le speranze concrete, se non proprio del tutto inesistenti, sono esigue.

LA LEGA SI ACCONTENTA. Assicura che l’incidente, l’apparente scontro con palazzo Chigi, non c’è mai stato e che anzi i contatti diretti fra Draghi e Salvini sono continui. La musica però cambia quando si parla del Cts. Su quel fronte l’irritazione leghista è esplicita e conclamata, perché è stato il Cts a far filtrare la voce sulla scelta di escludere il ritorno alle zone gialle sino al 30 aprile: «Proprio perché i dati variano di giorno in giorno non si può dire ora che non saranno possibili alleggerimenti di qui alla fine di aprile». Tra le diverse formule, quanto a sostanza, cambia poco. Il problema è tutto d’immagine ed è inevitabile che sia così perché a decidere i tempi e il rigore delle chiusure non sono i politici, come ha ricordato a Salvini proprio il premier in conferenza stampa, ma lo stato della pandemia.

QUELLA SULLE CHIUSURE è in buona misura una polemica di facciata. Serve alla Lega per dimostrare alla propria base che Salvini non si è del tutto arreso. Serve a Pd, 5S e LeU per evidenziare la distanza con la Lega stessa, nonostante la convivenza nella medesima maggioranza. Tensioni meno di superficie, dunque ben più pericolose, emergeranno via via che l’emergenza pandemia e la centralità della campagna vaccini cederanno il passo al tentativo di rilanciare l’economia. Sul fronte sanitario non c’è scelta. Su quello economico sarà al contrario tutta questione di quali scelte verranno fatte. Qualcosa si vedrà già nelle prossime settimane perché la decisione sulle dimensioni del prossimo scostamento di bilancio è delicata e non a caso una delle poche domande sulle quali Draghi ha glissato in conferenza stampa riguardava proprio la proposta forzista di una massiccio scostamento in ogni mese di pandemia e chiusure.

MOLTO DIPENDERÀ dalla cornice europea, certo. Ieri il commissario Gentiloni ha detto che probabilmente gli aiuti fiscali si estenderanno sino a tutto 2022, anche se una decisione ufficiale verrà presa solo a maggio, e ha parlato della ormai inevitabile revisione del Patto di stabilità. Enrico Letta, nella stessa sede, la European House Ambrosetti, ha insistito per rendere il Recovery Fund permanente: «È la partita della vita». Ma l’eventuale sostegno dell’Europa richiederà contropartite. «Pensare di tornare alla normalità di prima sarebbe un grosso errore», avverte Gentiloni: «Dobbiamo cogliere l’occasione per costruire le nostre economie in modo diverso dal punto di vista dello sviluppo sostenibile». Le scelte, insomma, saranno anche qui fondamentali e decisive.