Con la scadenza (oggi) del termine per la presentazione degli emendamenti, è tutto uno scatenarsi sulle possibili modifiche alla legge di stabilità. Con, sullo sfondo, le mai sopite polemiche sull’Imu: ieri il premier Enrico Letta ha voluto chiudere, in qualche modo, il fiume di dichiarazioni seguite ai dubbi di espressi da Fabrizio Saccomanni qualche giorno fa («difficile trovare le coperture», aveva detto il ministro dell’Economia): «La seconda rata non si pagherà – ha detto Letta – È una decisione già presa e non si torna indietro». «Trovare le coperture non sarà facile», ha ammesso poi, spiegando che si stanno cercando i 2,4 miliardi necessari. Come dire, ormai il Pd non mette più neanche in dubbio che sia compito del governo dare risposta alle promesse elettorali di Silvio Berlusconi.

Sembra che una buona parte delle risorse per l’Imu (un miliardo e mezzo di euro) si troverebbero aumentando gli acconti fiscali dovuti dalle imprese a fine anno: dunque non un incremento di tasse, solo un’anticipazione, ma per non attirarsi comunque le ire degli industriali, il governo starebbe pensando di caricare questo (ancora eventuale) onere sulle banche.

Ma ieri più che di questo tema, tra i parlamentari si è parlato piuttosto della messe di emendamenti in arrivo. Oltre 600, ad esempio, quelli del Pd, concentrati in buona parte sulle pensioni e il salvataggio di esodati e cassintegrati anziani. Dall’altro lato il Pdl propone di reperire svariati miliardi di euro con due provvedimenti: una «sanatoria» sulle cartelle esattoriali, per un valore di 1,7 miliardi (da vincolare a un potenziamento del taglio del cuneo fiscale) e circa altri 4-5 miliardi dalla «sdemanializzazione» delle spiagge: ovvero, in pratica, dalla loro vendita ai privati.

Ma non basta: il Pdl vuole costituire addirittura una maxi agenzia immobiliare dello Stato, che avrà il compito possa – spiega il relatore Antonio D’Alì – «di assorbire il patrimonio disponibile dello Stato e degli enti locali e, tramite l’emissione di cartelle fondiarie, possa contribuire a una sensibile riduzione del debito pubblico»: insomma vendere i beni pubblici per ridurre il debito.

Quanto alle misure proposte dal Pd, chiedono di tornare a rivalutare le pensioni comprese tra i 1500 e i 3 mila euro lordi, rimuovendo l’attuale blocco: questo si potrebbe ottenere, ha spiegato il relatore Giorgio Santini, con una tassa sulle pensioni d’oro, quelle oltre i 90 mila euro, scritta però questa volta in modo tale da non incorrere più nel rischio di incostituzionalità (già una riforma sulle «pensioni d’oro» è stata bloccata dalla Corte costituzionale).

Ancora, i democratici propongono che possa avere accesso alla pensione qualsiasi lavoratore dai 62 anni in su che venga posto in cassa integrazione perché ha perso il posto: applicando cioè i requisiti antecedenti alla riforma Fornero (che, come sappiamo, invece spinge l’età del pensionamento ben oltre). Sulla stessa linea, la proposta di allargare ulteriormente la platea degli esodati, includendo almeno un migliaio di persone oggi escluse.

Il Pd ha poi ufficializzato la proposta di ridurre la platea dei beneficiari del taglio del cuneo fiscale, facendo scendere la soglia di requisito dai 55 mila euro di reddito annui, fino a 28 mila euro: si calcola che per il 2014 invece dei circa 100 euro annui in più in busta paga, si potrebbe arrivare a 200, da erogare in un’unica soluzione (così da renderli più «tangibili» e invitando quindi, possibilmente, a sostenere i consumi).

Per tornare ad allargare la platea dal 2015 – e per avere magari tagli più consistenti, come quello vagheggiato nei giorni scorsi, addirittura di 500 euro nel 2016 – il Pd propone di vincolare alla riduzione del cuneo l’utilizzo del gettito derivante dalla lotta all’evasione fiscale e dal recupero dei capitali all’estero.

Sul nodo delle pensioni si sono detti d’accordo sia la Uil che la Cisl, con il segretario Raffaele Bonanni, che chiede la rivalutazione al 100% delle pensioni fino ai 3 mila euro lordi. Susanna Camusso (Cgil) chiede di cambiare di segno alla legge di stabilità: «Abbiamo sempre detto che ci devono essere tre cambiamenti fondamentali – ha spiegato – Spostare il peso fiscale verso le rendite e i patrimoni e alleggerirlo sul lavoro e sulle pensioni. Spesa pubblica di qualità non bloccando i contratti della pubblica amministrazione. Investimenti e scelte di politica industriale».