L’interesse per una documentazione visiva acquisita attraverso dispositivi di ripresa è auspicato e praticato già negli studi del tardo Ottocento, all’interno delle scienze umane, nella rilevazione etnografica e negli studi etno-antropologici. La pratica in uso era la fotografia, appunto. E questo rimette pienamente in gioco il fotografo responsabile dello scatto, il produttore delle immagini, che non è mero operatore tecnico, mediatore neutrale tra realtà osservata e dispositivo di rilevazione, ma esprime pienamente la propria soggettività, nella ripresa, diventando così un autore» attesta Maurizio Agamennone nella prefazione al volume Le spose di San Paolo Immagini del tarantismo, curato dallo stesso e da Luigi Chiriatti, (Kurumuny, 2021).

La fotografia, quindi, come magnifica fonte di documentazione e dispositivo di comprensione, contro ogni spettacolarizzazione, ricordando l’identico discorso demartiniano, che esprime la propria gratitudine al mezzo fotografico. Immagini, eccitazioni ed emozioni del culto coreutico-musicale più ancestrale del Salento. Tutto si svolge a Galatina (LE), dove la cappella di San Paolo e lo spazio antistante rappresentano il luogo di esecuzione del rito, la meta dove per decenni ‘tarantate’ e studiosi si sono dati appuntamento il 28 e 29 giugno – in occasione della ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo – per esaminare il rituale magico-religioso del tarantismo.

Tra giugno e luglio 1959, la mitica spedizione di Ernesto de Martino e della sua équipe tra Nardò, Galatina e Muro Leccese avrebbe consegnato alla storia la conoscenza delle tradizioni antiche di un territorio, il Salento, e l’immenso mistero del fenomeno del tarantismo. A sessant’anni da quell’estate, Kurumuny rende omaggio all’opera pioneristica di Ernesto de Martino e dei suoi collaboratori attraverso il progetto ‘demartino60’.

Il volume costituisce l’atto conclusivo di tale progetto, sostenuto dal Fondo Speciale Cultura e Patrimonio Culturale 2019 della Regione Puglia. Il progetto, inaugurato nell’estate 2019, consta di una mostra fotografica itinerante e di una performance degli antropologi Paolo Apolito e Stefano De Matteis di scritti tratti dal celeberrimo libro La terra del rimorso. Esso riconsegna gli scatti dei fotografi, che nel corso di un cinquantennio hanno varcato la soglia del luogo del culto. Si parte dall’esperienza avanguardista di Chiara Samugheo che fotografa per prima il pellegrinaggio delle ‘tarantate’ a Galatina nel 1954, per giungere alle immagini realizzate da Franco Pinna nei mesi di giugno e luglio 1959, nel corso dell’indagine demartiniana sul tarantismo salentino. Anche al diretto magistero di Ernesto de Martino sono riconducibili le foto scattate da Annabella Rossi nel 1959-1960.

Dopo questo ‘blocco’ di immagini, le altre sono distanti circa quindici anni, coprendo un periodo di tempo che va dal 1974 al 1992, gli anni in cui il fenomeno si avvia al definitivo tramonto. Paolo Albanese e Paola Chiari, Fernando Ladiana, Paolo Longo, Carmelo Caroppo e Luigi Chiriatti presenteranno successivamente una serie di scatti realizzati nei giorni e nei luoghi della festa. «Quindi, se è vero che Ernesto de Martino non è affatto responsabile della adozione sistematica della ripresa fotografica nelle scienze umane, ha fortemente contribuito ad alimentare una filiazione lunga e importante di fotografi e cineasti che si sono messi «in scia» con le sue «campagne» di ricerca» conclude Maurizio Agamennone.