Il cinema che inquadra gli spazi di incertezza, nervosismo, scarna contemplazione e incessante pedina la verità soggettiva dei gesti, priva di ornamento e costruita al massimo nella messa in scena, come anatema alle narrazioni tossiche, della cineasta berlinese Angela Schanelec riceve il premio d’onore in seguito ad una ricca retrospettiva che FidMarseille le ha dedicato. La traduttrice dallo spagnolo del festival, Francisca Lucera, cilena anche lei, ritira il gran premio del concorso internazionale al fantastico Visiòn Nocturna (Night Shot) della regista esordiente Carolina Moscoso, assente per le restrizioni di viaggio intercontinentale. Insieme lo dedicano all’inasprita lotta contro la violenza sulle donne in corso in questi giorni in Cile.

AL RITMO con lo zeitgeist internazionale il film vincitore di questa edizione del FidMarseille crea una parabola preziosa tra cinema e vita. La cineasta riesce a tradurre anche gioiosamente in potenti immagini in movimento, con forma sperimentale a basso costo, dubbi e dolore della sua esperienza di studentessa di cinema stuprata. Conia un processo di salvezza per sé e per il pubblico. Mentre le nazioni promulgano leggi misogine sottraendo decenni di lotte dal panorama sociale storico e culturale, le donne di generazioni varie e alle latitudini più lontane si appropriano di ciò che le appartengono. Si rimettono all’ordine del giorno i diritti conquistati, quelli ancora da assicurarsi come il reddito di cura per sostenere gli oneri delle «inclinazioni naturali», che di onore non si campa, e sviluppano mezzi di solidarietà prestando attenzione alla difesa degli spazi e della qualità della vita di tutte. Non una di meno.

Northern Range che ha vinto la menzione speciale, apre con la parola «us» noi. Ed è questa la missione politica del film, reinventare cosa voglia dire noi e domandarsi attraverso i ricordi anche cosa sia essere insieme. Sullo sfondo industriale di petrolchimici e porti della costa nord della Francia dove il cineasta Olivier Derousseau vive e lavora, si srotola questa meditazione per immagini. Le tracce visive di «The Jungle» la baraccopoli assemblata a Calais dai migranti e dei bulldozer che l’hanno cancellata generano domande che invece esistono e richiedono significato. Come l’evocazione e le tracce di un compagno di lavoro deceduto del cineasta ed a cui dedica il film emozionato alla ricezione del premio.

IL GRAN PREMIO della competizione francese lo riceve l’indomito Lech Kowalski che in C’est Paris aussi (This is Paris too) insegue il suo amico Ken nativo americano per la periferia parigina dove abitano rifugiati afgani, siriani e del medio oriente in perpetua guerra, in baraccopoli, o fortuiti accrocchi di materassi.
Ken traccia paralleli tra il trattamento in Europa riservato ai rifugiati e quello subito dai nativi dalla colonizzazione venuta dall’occidente. Cerca di raccontare il massacro di Wounded Knee ad Assam, rifugiato afgano, mentre lui gli mostra dei video che circolano ormai solo tra gli afgani, che in occidente non fanno più notizia, di atroci torture ad opera dei talebani che ancora uccidono a frustate nella pubblica piazza a Kabul. Suo zio, suo cugino ed anche suo fratello sono stati uccisi così perché sospettati di collisione con i nemici. Assam è quindi dovuto scappare per sopravvivere, e adesso da boxeur semi professionista cerca lavoro, ha un coach che lo allena ma si chiede continuamente perché debba vivere in questo modo a Parigi, grande capitale, mentre gli mostra delle infallibili mosse di pugilato.

«HELICONIA», film d’esordio di Paula Rodríguez Polanco e della sua troupe di amici cresciuti tra Bogotà e Parigi, ci trascina nella giungla tropicale in una sensuale convivialità on the road girata in Super 8, riceve la menzione speciale per film d’esordio della giuria del Cnap. La nuova competizione Flash è vinta dal dirompente Explaining the Law to Kwame di Roee Rosen. Un altro nuovo premio dedicato alla cineasta pioniera del cinema francese Alice Guy viene dato a Voin di Gaëlle Boucand, ritratto in 30 minuti dell’artista Voin Voynov cresciuto tra i camerini del teatro dove lavorava la mamma. Già in drag dentro le parate tradizionali riservate alle bambine, a celebrare sin da piccolo il suo essere queer nella Bulgaria prima del muro e a Berlino più tardi.
Giustamente molti sono i premi a sostenere delle idee di cinema coraggiose e oggi ancor più necessarie. Una vena magica di rituali salvifici e ridefinizione del noi plurale e singolare accompagna molti dei film vincitori ed in generale questo festival visionario accaduto dal vivo in tempi molto fragili ma di possibili riscritture.