Di certo non sarà una figurina alle primarie del centrosinistra di Roma, una quota rosa messa lì per fare numero. E del resto Imma Battaglia, nomen omen, nella vita ha preso rischi ben peggiori: come quando nel 2000 sfidò il governo e il Vaticano di Wojtyla per portare a Roma il World Gay Pride durante il Giubileo.

Lei, pioniera dei diritti Lgtb, era una delle organizzatrici insieme a Vladimir Luxuria: memorabile lo scontro con l’allora premier Giuliano Amato che, in Parlamento, disse di non potersi «purtroppo» opporre alla «inopportuna» manifestazione» a causa della Costituzione.

E Francesco Rutelli che tolse il patrocinio del Comune all’ultimo minuto, dopo averle suggerito di spostare l’evento a quando il Papa si fosse trasferito a Castelgandolfo per le vacanze. Per una donna che sogna ancora di potersi sposare (anche) in chiesa, arrivò dalla finestra la scomunica direttamente da Giovanni Paolo II che condannò «l’offesa recata ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore di tutti i cattolici del mondo».

Quel Pride fu un clamoroso successo per la ragazza di Portici, scambiata per un maschio dal prof. di Lettere al primo giorno di liceo e da allora bullizzata dai compagni di classe armati di bastone, nella provincia campana di fine anni Settanta. Secchiona, laureata in matematica, manager di una società informatica, ICT Meware, prima a celebrare nel 2012 un “matrimonio civile” tra due donne, fondatrice del Gay Village, il suo rapporto con le sinistre è stato discontinuo e tormentato.

Vicina a Nichi Vendola e poi delusa dal suo addio alla politica attiva, spesso accusata di flirtare con la destra, come quando invitò l’allora sindaco Alemanno con la governatrice Renata Polverini al Gay Village, lei non si è mai cucita addossa un’etichetta: «Non mi piacciono gli stereotipi omosessuali, come ad esempio “se sei gay, devi essere contro la Chiesa e la destra”», ha raccontato al Corriere.

In realtà poi la politica l’ha sempre fatta a sinistra: candidata con Sel alle europee del 2009 (non eletta) e poi eletta, sempre con lo stesso simbolo, consigliera comunale a Roma negli anni di Ignazio Marino: con lui apre il registro delle unioni civili nella Capitale.

La cacciata del sindaco chirurgo è una ferita che la allontana dalla politica: «Ne feci una malattia. Ho fatto liti pazzesche coi Pd che l’hanno fatto cadere. Dopo la prima manifestazione in suo favore, mi feci male: 50 giorni di stampelle. Il mio corpo mi stava dicendo “meglio che stai ferma”. Da allora, sento che fare politica non ha più senso: non è da pasionari, è spietata».

Era l’autunno del 2015, da allora in effetti l’impegno politico si è affievolito. Negli ultimi anni Battaglia, oltre a unirsi civilmente con Eva Grimaldi nel 2019 (a celebrare proprio Monica Cirinnà, la candidata voluta dal gruppo Liberare Roma e spinta al ritiro dai dem, che Imma di fatto ha sostituito), è stata sui media per ragioni più legate al gossip e al trash che all’impegno civile: serate in diretta da Barbara D’Urso a parlare della finta storia della moglie con Garko, del coming out di lui, o dei presunti flirt della bionda Eva con Lele Mora, comparsate al Grande fratello vip per lavare i panni sporchi con la ex Licia Nunez (anch’essa attrice) davanti alle telecamere, accuse di tradimenti veri o presunti di secoli prima condite dai commenti morbosetti di Alfonso Signorini.

Se non un tramonto di Imma la combattente, certo un declino mediatico a cui sarebbe stato opportuno resistere. Quantomeno se si intendeva riprendere la lotta politica. Forse Imma pensava davvero di ritirarsi a vita da reality, ma la politica come un tarlo o un amore mai finito ha bussato di nuovo alla sua porta.

Da esterna aveva già partecipato alle iniziative di Liberare Roma, il network di sinistra di Massimiliano Smeriglio. Poi, dopo il forfait di Cirinnà, i compagni alla ricerca di una «irregolare», di una figura lontana dalle burocrazie di partito hanno pensato a lei. E Imma, dopo rapida riflessione, a 60 anni portati benissimo ha deciso di riprovarci.

Sarà lei la principale sfidante del dem Roberto Gualtieri ai gazebo del 20 giugno, e del resto più diversi era difficile trovarli: compassato e ministeriale lui, tutto numeri e PNNR, quanto viscerale lei, che pure coi numeri è cresciuta, le hanno fatto da scudo e da corazza quando i bulli del liceo le gridavano «Sei un maschio sbagliato». E lei «abbassava la testa e filava via».

 

RETTIFICA

Cara direttrice, nell’articolo ’Imma la combattente, dalla sfida a Wojtyla alla tv trash’ (Manifesto 20 Maggio) si afferma una cosa mai avvenuta: che Francesco Rutelli, da Sindaco, avesse proposto di rinviare il World Pride programmato a Roma nell’estate 2000. Possono testimoniarlo tutte le persone che si sono occupate di quell’evento, che si svolse senza patrocinio, ma con la costante collaborazione logistica e organizzativa dell’Amministrazione. Va anche ricordato che Rutelli fu il primo sindaco italiano a partecipare, gia’ nel ’94, con la fascia tricolore al Gay Pride. Un rinvio di quell’evento internazionale, con qualsiasi fantasiosa motivazione sarebbe stato impossibile e nessuno – men che meno Rutelli – si incaricò di prospettarlo a chicchessia.

Ufficio Stampa Francesco Rutelli