Riparte la trattativa, rimane aperta la possibilità di annullare l’intero bando. Oggi alle 14 al ministero dello Sviluppo il ministro Di Maio ha convocato Mittal e sindacati. Ma se da parte di Fim, Fiom, Uilm e Usb si mette come condizione per far ripartire il confronto interrotto il 6 agosto «che Di Maio chiarisca definitivamente che la gara Ilva è valida e non annullabile e Mittal è il nostro interlocutore», da fonti Mise si dà per certo che «la partita è ancora aperta perché attendiamo ancora approfondimenti sul piano ambientale (il misterioso 5 per cento mancante evocato anche dal ministro Costa, ndr) che potrebbero accertare “l’interesse pubblico” per poter annullare la gara». Il tutto sebbene la proroga per l’accertamento scada venerdì 7.

Una conferma di questa posizione da parte di Di Maio potrebbe portare ad interrompere il tavolo sul nascere da parte dei sindacati che si ritroverebbero al Mise martedì 11 per lo sciopero e presidio dei lavoratori Ilva indetto da confederali e Usb.

A questi potrebbero aggiungersi addirittura esponenti di Confindustria in un inedito assoluto. Ma da parte Fiom l’idea che gli imprenditori scendano in piazza viene considerata «una barzelletta»: «I lavoratori Ilva rischiano il posto di lavoro, gli imprenditori vogliono solo usarli per attaccare il governo: se venissero al Mise rischierebbero di essere presi a male parole dagli operai».

In realtà da parte sindacale filtra ottimismo sulla possibilità di chiudere «un buon accordo con Mittal». Assieme agli impegni a migliorare ulteriormente il piano ambientale spuntati dal ministro Sergio Costa – scadenze intermedie ravvicinate, Mittal disposta a prevedere una Valutazione di impatto ambientale e di non aumentare le emissioni anche se produrrà oltre 6 milioni di tonnellate di acciaio l’anno – i sindacati hanno avuto segnali dal gigante franco indiano anche sul piano occupazionale. Si punta a spostare l’organico di partenza dagli attuali 10.500 a 11mila assunti – rispetto ai 13.500 attuali dipendenti del gruppo Ilva – e «che Mittal garantisca i 2.500 esclusi in modo da azzerare gli esuberi». Queste sono le condizioni di Fim, Fiom e Uilm per firmare l’accordo: «un accordo che sarebbe molto migliore rispetto all’ultimo piano Calenda (10.500 assunzioni e 1.500 assunti fino al 2023 in una società gestita da Invitalia, ndr) che prevedeva migliaia di esuberi», sottolinea il leader Uilm Rocco Palombella.

La strada percorribile è doppia. Come in ogni trattativa di ristrutturazione Mittal può proporre esodi incentivati ai potenziali esuberi – si parla di 100mila euro – mentre la carta in mano a Di Maio è quella di prepensionamenti o assunzioni in aziende con «mission» alternative che sorgerebbero accanto ad una Ilva di Taranto non più inquinante.
Per tutte queste ragioni (e incognite) l’esito dell’incontro di oggi è quindi molto difficile da prevedere. Un classico per la vertenza infinita Ilva.