L’acquisizione degli asset industriali del gruppo Ilva da parte di ArcelorMittal, viaggia su un binario di date certe: dal 15 settembre l’avvio della cogestione con l’Amministrazione straordinaria; il 1° ottobre inizierà l’invio delle proposte di assunzione; il 1° novembre la firma del contratto di affitto ed il 31 dicembre il termine della cogestione.

Anche se è ancora una volta il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, a far registrare una nuova puntata in questa infinita querelle. Nel corso del suo intervento a Nola (Na), sulle zone economiche speciali Di Maio ha infatti annunciato: «Sulla gara Ilva non è finita qui. Adesso si prendono le carte e si portano in tribunale. Non ho potuto annullare la gara perché su quella gara era stato compiuto il delitto perfetto, non si poteva invalidarla». Il messaggio è chiaramente diretto al governo Gentiloni e all’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Che ha subito risposto per le rime: «Se dici ‘voglio chiuderla’, per me è un disastro ma lo capisco. Poi dice ‘Voglio vedere la gara’, poi dice ‘è illegittima’, poi chiede il parere all’Avvocatura e lo secreta, poi dice ‘è legittima’. In un paese normale, un ministro che mente si dimette. Poi chiude un accordo pure peggiorativo. Infine ieri dice ‘porto le carte in tribunale’, cioè si autodenuncia. Siamo alla follia. Fare una sceneggiata napoletana è un disastro è pericoloso. Anche su Genova. Il governo fa opposizione al governo».

Non è chiaro a questo punto quali saranno i dettagli della nuova battaglia legale del vicepresidente pentastellato, ma soprattutto quali potrebbero essere, eventualmente, gli effetti sulla procedura di assegnazione e di rilancio appena avviata.

Intanto le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) di Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno chiesto ieri ad AmInvestCo e ad Ilva in amministrazione straordinaria, un incontro urgente per approfondire quanto definito nel verbale di accordo del 6 settembre scorso in merito al piano occupazionale. Dal 1 ottobre partiranno come detto le 10.700 lettere di proposta di assunzione previste dall’accordo. I lavoratori da assumere saranno scelti attraverso una graduatoria con punteggi che tengono conto prima della mansione, poi di anzianità e carichi familiari. I sindacati vogliono però interloquire per discutere su quali saranno i criteri adottati per individuare i lavoratori. Stabilita la graduatoria, ad ognuno sarà fatta una proposta di assunzione, ma contemporaneamente gli sarà data anche la possibilità di lasciare l’Ilva con un incentivo all’uscita di 100.000 euro lordi (77.000 euro netti). Fino al 31 dicembre i lavoratori assunti saranno considerati ‘in distacco’ alla Amministrazione Straordinaria. Dal 15 settembre è cominciato un periodo transitorio che durerà fino al 1 novembre nel quale i manager di ArcelorMittal gestiranno, insieme ai dirigenti di Ilva in Amministrazione Straordinaria, il passaggio di consegne. Nessun dirigente della nuova proprietà si è ancora insediato in pianta stabile nello stabilimento, ma già da settimane sono frequenti i sopralluoghi dei tecnici di ArcelorMittal per verificare le modalità operative. Entro il primo novembre sarà completata l’operazione di acquisizione del gruppo e l’inizio formale dell’affitto che poi si trasformerà in proprietà degli asset.

Intanto però, a Taranto non si placano le polemiche sul futuro dell’Ilva, in particolare modo sugli aspetti ambientali. «Attualmente Ilva produce acciaio liquido per 4,8 tonnellate/anno (dati ufficiali 2017). Quindi, anche se Arcelor Mittal taglierà – come dichiara – il 30% delle polveri delle emissioni convogliate, con l’aumento produttivo a 8 milioni di tonnellate/anno avremo un aumento di polveri del 16% in flusso di massa annuo rispetto al 2017». «questo calcolo vale per le emissioni convogliate. ArcelorMittal non dichiara invece di quanto vuole tagliare le emissioni non convogliate (come quelle della cokeria) che sono le più pericolose». E’ quanto denunciato dall’associazione Peacelink ieri e da Legambiente Taranto nei giorni scorsi. “La situazione è ancora peggiore per le emissioni di CO2 dall’Ilva. I tagli del 15% delle emissioni di CO2, promessi da ArcelorMittal – sostiene Peacelink – e dal suo fedele governo, non compensano assolutamente l’incremento produttivo del 66% da 4,8 a 8 milioni di tonnellate anno di acciaio liquido, incremento che il Ministero dell’Ambiente intende concedere a condizioni facilitate rispetto al piano ambientale precedente. L’Ilva, con le sue centrali energetiche, è la maggiore fonte di emissione in Italia di CO2 assieme alla centrale a carbone di Cerano».

Legambiente ritiene inoltre insufficienti le integrazioni al piano ambientale Ilva e chiede al Ministro dell’Ambiente che si proceda alla valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario connesso ad una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio liquido: non c’è nulla che impedisca al Ministro di effettuarla e solo i suoi esiti potranno fornire risposte scientificamente attendibili in merito alle ricadute dell’impianto sulla salute dei cittadini di Taranto. “Lo chiediamo dopo aver esaminato il testo diffuso dagli organi di informazione dell’addendum ambientale, di cui peraltro a tutt’oggi, nonostante il tempo trascorso, non ci risulta sia ancora disponibile la versione integrale, comprensiva degli allegati, con buona pace delle esigenze di trasparenza e informazione” sostiene Legambiente.

Nell’Addendum ambientale integrativo approvato nelle scorse settimane, in merito all’incremento della produzione, è previsto che “al fine di conseguire gli obbiettivi con riferimento alla produzione di acciaio presso lo stabilimento di Taranto, l’Affittuario si impegna a presentare al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al completamento degli interventi previsti dall’Allegato I al Dpcm del 29 settembre 2017, idonea documentazione che certifichi che l’aumento della produzione garantirà che le emissioni convogliate di polveri rimarranno entro i limiti annuali post adeguamento in flusso di massa autorizzati dall’AIA come modificata dal Dpcm 29 settembre 2017 (la “Documentazione”). A tale fine Mittal dovrà confrontare il flusso di massa annuale autorizzato dall’Aja, delle emissioni convogliate di polveri degli impianti oggi in esercizio, con il flusso di massa delle emissioni convogliate di polveri previste esercendo gli impianti ambientalizzati, fino a 8 milioni di tonnellate. La mancata trasmissione della citata Documentazione “comporterà che l’Affittuario non potrà in alcun modo superare il limite di produzione di 6 milioni di tonnellate di cui al Dpcm 29 settembre 2017”.

Fermo restando quanto indicato in termini di limiti emissivi, Mittal si è inoltre impegnata “a mantenere, anche per il periodo successivo alla Durata del Piano Industriale, la produzione dell’acciaieria a ciclo integrato ad un livello non eccedente gli 8 milioni di tonnellate di acciaio liquido annue, ferma restando la possibilità, previa autorizzazione del Mattm, di ulteriormente incrementare tale livello produttivo mediante l’impiego, per la realizzazione dei volumi produttivi addizionali, di processi di produzione a basso utilizzo di carbone (quali processi di produzione a base di gas naturale), verificate le relative condizioni di sostenibilità tecnica ed economica”.

Mittal ha altresì l’obbligo ad elaborare e trasmettere, ogni due anni, uno studio di fattibilità avente ad oggetto l’implementazione presso lo stabilimento di Taranto di processi di produzione alimentati a gas naturale – nonché, ove ritenuto dall’Affittuario o richiesto dalle Concedenti, di processi alternativi di produzione a basso utilizzo di carbone.

In merito alla CO2 invece, nell’Addendum è prevista la volontà “ad allineare gli standard operativi dello stabilimento di Taranto agli standard operativi medi di ArcelorMittal Europe Flat Products, allo scopo di conseguire, entro il 2023, una riduzione delle emissioni specifiche di CO2 per tonnellata di acciaio liquido prodotta pari al 15% rispetto alle emissioni dello stabilimento di Taranto del 2017, applicando al calcolo delle emissioni di CO2 la metodologia di ArcelorMittal, verificata da Deloitte, e comunicata per tempo alla competente Direzione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (“Mattm”) per le opportune verifiche”.

Infine, allo scopo di migliorare ulteriormente le prestazioni ambientali dello stabilimento di Taranto, Mittal ha preso l’impegno a cooperare attivamente con Arpa Puglia, Asl e AReS allo scopo di aggiornare annualmente la Valutazione Danno Sanitario, in conformità ai criteri indicati dal Decreto Ministeriale 24 aprile 2013 ed effettuare un’analisi congiunta, con le sopra citate autorità, delle conclusioni della stessa Valutazione Danno Sanitario, da utilizzare anche al fine di fornire al pubblico una corretta e trasparente informazione riguardo al rischio attribuibile alle attività industriali dello stabilimento di Taranto.

Rischio cancerogeno che non scomparirà nemmeno dopo che Mittal avrà dato seguito a tutti gli impegni previsti dal Piano Ambientale e da attuare entro il dicembre del 2023.