Se il decreto legge sull’Ilva approvato dal Consiglio dei ministri e firmato in tutta fretta dal presidente della Repubblica non ha riscontrato apprezzamento nei piani alti della politica, certamente non poteva far felici i comitati e le associazioni tarantine. Già nella tarda serata di martedì, un centinaio di persone hanno manifestato il loro dissenso prima all’esterno di Palazzo di Città e poi occupando l’ingresso della Prefettura. Una protesta unanime, che ha visto la partecipazioni di tutte le sigle ambientaliste, così come del comitato cittadini «liberi e pensanti» e dei ragazzi di «Ammazza che Piazza»: nessun comunicato ufficiale, ma una protesta mista a delusione manifestata da tutti. «Vergogna, vergogna» lo slogan più scandito sia martedì sera che per tutta la giornata di ieri, la voglia di parlare era davvero poca.

E se all’esterno dell’Ilva il clima appare segnato dalla delusione e dallo sconforto per uno Stato che persegue imperterrito nel salvataggio di un’azienda che avvelena e uccide da decenni, all’interno della grande fabbrica il clima resta di attesa.

Certo, la nomina di Bondi a commissario, non ha generato chissà quali consensi, visto che gli operai vedono in lui una specie di prolungamento dell’ombra di Emilio Riva, il padre padrone che ha gestito l’Ilva con metodi tutt’altro che democratici. I lavoratori attendono soprattutto di capire cosa sarà dell’applicazione dell’Aia, se effettivamente saranno portati avanti i lavori di risanamento dell’area a caldo e se sarà garantita la sicurezza sul lavoro che negli ultimi mesi è venuta completamente a mancare. Così come attendono notizie sul pagamento dei prossimi stipendi: perché se il mese di maggio è certo, da quello di giugno in poi al momento nessuno pare in grado di garantire nulla.

Anche i sindacati metalmeccanici, tagliati fuori dal governo in merito alla decisione del commissariamento, attendono di incontrare Enrico Bondi per conoscerne le effettive intenzioni, visto che da ad si è sempre rifiutato di incontrare i rappresentanti sindacali.

Intanto non è stata presa nessuna decisione e fatta nessuna nomina nell’assemblea di Ilva spa riunitasi a Milano. Dopo il commissariamento dell’azienda, il Cda presieduto da Bruno Ferrante, presidente uscente dell’Ilva, non ha effettuato la nomina del nuovo board com’era previsto dall’ordine del giorno. L’assemblea sarà riconvocata a stretto giro per nominare il rappresentante dell’impresa al quale il commissario Bondi dovrà riferire dell’andamento dell’Ilva. Nell’assemblea è stato chiesto da Mario Tagarelli che la prossima assemblea si svolga a Taranto: Tagarelli è l’uomo incaricato dal gip di Taranto, di amministrare conti, depositi, titoli e partecipazioni detenute dalla capogruppo Riva Fire, oggetto di sequestro preventivo ai fini dell’eventuale confisca in base alla responsabilità amministrativa dell’impresa (lg 231/2001).

Il decreto varato dal Governo stabilisce però che «il giudice competente provvede allo svincolo delle somme per le quali in sede penale sia stato disposto il sequestro anche ai sensi del Dlg 231/2001». Ora gli avvocati dell’azienda chiederanno lo svincolo delle somme. Da vedere se direttamente all’autorità giudiziaria o all’amministratore del sequestro. E infatti, sempre ieri, Emilio Riva ha rinunciato al ricorso presentato al Tribunale del Riesame di Milano contro il sequestro di 1,2 miliardi di euro che, secondo l’accusa, sarebbero stati sottratti dalle casse dell’azienda, portati all’estero e fatti rientrare con lo scudo fiscale.