Paul (Antonio Banderas) ha tanti motivi per avercela col mondo. Una moglie che lo ha lasciato, un casale che casca a pezzi e che invano cerca di vendere, il blocco dello scrittore che lo attanaglia dopo essere stato un autore di successo, il pessimo trattamento ricevuto da una produzione cinematografica che lo ha esautorato dal ruolo di sceneggiatore, tenendo del suo libro solo il titolo e nient’altro.
È un eremita lontano da un mondo che non riesce più a immaginare. Jack (Jonathan Rhys Meyers), invece, è uno che vive alla giornata. Zaino in spalla si sposta senza grandi progetti e, pur nella solitudine del viandante, pare connesso col mondo.

Nella storia diretta da Brian Goodman, Black Butterfly, il viandante incontra l’eremita in un bar, e lo difende da un camionista con il quale poco prima aveva litigato lungo una delle tortuose strade del Colorado. I due legano e danno avvio a un confronto nel quale resta nascosto chi sia autore e chi personaggio, chi agisce e chi è agito.
A dire il vero, un gioco delle parti ambizioso, quello ordito da Goodman e dagli sceneggiatori, che non offre particolari spunti di riflessione sulla relazione tra finzione e realtà. E la vicenda sullo sfondo di un serial killer che uccide donne, non contribuisce a elevare le sorti di un film che vanta un cameo di Abel Ferrara.