Sezione Cineasti del presente, concorso, titolo italiano, si fa per dire, Easy, regista esordiente, Andrea Magnani, attori poco noti a parte Libero Di Rienzo e Barbara Bouchet, che non essendoci Tarantino non fa scattare entusiasmi. Quindi tocca vederlo, come si dice ai festival, per dovere e per spirito di bandiera, perché dopo troppi francesi, tanti tedeschi e diversi svizzeri, fa anche comodo un film (in) italiano. E si viene folgorati da una piccola grande scoperta. Perché Easy parte un po’ pigramente come fosse una commedia italiana di quelle già viste, con mamma chioccia Barbara Bouchet che non ha ancora imparato la lingua, con Libero De Rienzo che interpreta Filo, un filibustiere che specula malamente e senza risultati sull’edilizia.

Poi arriva Isidoro, detto Easy, un corpaccione sovrappeso, presumibilmente depresso, ex pilota da competizione ormai dimenticato dalla vita. Filo lo intorta affidandogli un compito bislacco, riportare in Ukraina sul carro funebre il corpo di un operaio morto in cantiere perché le norme di sicurezza non sono state rispettate. Easy non è proprio convinto, ma in fondo è di buon carattere, deve guidare, seppure un’auto funebre, e sotto sotto forse lui non vede l’ora di mettersi alle spalle quella famiglia. Inizia così un on the road dal realismo grottesco che approfitta dell’idea (non nuova peraltro) del cadavere appresso per mostrare altro.

E rimaniamo spiazzati ampiamente perché l’italiano è quasi un ricordo, infatti prima sono gli ungheresi, poi gli ukraini e nessuno parla la nostra lingua, solo qualcuno accenna all’inglese. Accompagnato spiritualmente da Marco Ferreri, Easy e la sua bara hanno infiniti incontri. Prima con il navigatore che confonde, poi con la durezza della realtà allorquando il carro funebre è rubato, e Easy senza un soldo, ma con la bara che opportunamente gli è stata lasciata, si ritrova nel nulla del paesaggio ukraino.

Tra Easy e Taras, il cadavere, si instaura così un rapporto magnifico, con il primo che fa diventare una questione di principio affrontare ogni contrarietà, e ne incontra diverse, pur di riportare al suo villaggio il morto. Affiora così una leggerezza narrativa che sfiora la poesia mentre Easy carica la sua bara su camion, auto, bulldozer, carrelli, carretti con cavallo, e la cavalca scendendo un fiume. E la poesia ammantata di nonsense realistico ma ricco di suggestioni prorompe quando nel mezzo di una strada che attraversa il nulla compare un semaforo. Rosso.

L’esordio di Magnani è uno dei più felici degli ultimi anni per l’insieme del film e per la scelta del protagonista magnificamente funzionale: Nicola Nocella. Nocella rievoca fisicamente Belushi (si rifornisce anche di cibo in una sorta di mensa, seppure molto diverso da Animal House), la sua presenza molto fisica e molto lunare dà un tocco magistrale all’intero racconto, facendo dimenticare l’inizio più convenzionale e stabilendo un rapporto intenso e ricco di emozioni tra lui, i personaggi incontrati e il pubblico.