Dopo la bufera politico istituzionale, incassata la disponibilità a trovare possibili mediazioni che vengano almeno in parte incontro ai rilievi sollevati sul ddl Zan, in Vaticano arriva il tempo delle precisazioni. Che intendono – con toni concilianti – stemperare almeno in parte il conflitto che si è aperto, per rendere più facile la possibile, successiva, fase negoziale. Anche in una prospettiva interna, che tenti cioè di trovare una sintesi tra coloro che, come il card. Camillo Ruini, cavalcano la scelta della Segreteria di Stato invocando un nuovo protagonismo della Chiesa nella dimensione temporale e i prelati, le associazioni laicali, i credenti che hanno trovato inopportuno, controproducente, talvolta finanche grave l’intervento del Vaticano.

Sono così scesi in campo gli organi di informazione d’Oltretevere, Osservatore Romano e Vatican News. Ribadiscono che lo scopo di chi ha redatto il testo consegnato nelle mani dell’ambasciatore italiano presso la Senta Sede non è tanto quello di una riscrittura del ddl all’esame del parlamento, quanto di una sua correzione in alcuni punti giudicati incongrui. «Con la nota verbale (nel lessico della diplomazia, si tratta di una comunicazione diplomatica redatta in terza persona e non firmata, ndr) – scrive l’Osservatore Romano – si auspica una diversa modulazione del disegno di legge», ma nessuno chiede «un blocco» dello stesso. Perché, afferma in una intervista all’agenzia di stampa Vatican News il costituzionalista cattolico Cesare Mirabelli, alcuni contenuti del ddl «riducono la libertà garantita alla Chiesa» in tema di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale.
Un punto (finora poco sottolineato dai media) è rappresentato dalla scuola: secondo Mirabelli infatti il ddl Zan violerebbe la libertà di organizzazione anche perché non esenterebbe le scuole cattoliche dall’organizzare ad esempio attività in occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, che viene istituita con la legge.

In realtà l’organizzazione di iniziative per la Giornata contro l’omofobia non è obbligatoria e comunque la Chiesa dovrebbe almeno ricordare la propria decennale pretesa – soddisfatta sotto il governo D’Alema II, ministro della Pubblica istruzione Giovanni Berlinguer, con la controversa legge sulla parità scolastica, la 62/2000 – di integrare a pieno titolo le proprie scuole nel «sistema nazionale di istruzione» che (art. 1 di quella legge) è oggi «costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali». Ottenuti i vantaggi della parità scolastica, la Chiesa intenderebbe (e non sarebbe la prima volta) sottrarsi a vincoli (in questo caso inesistenti) che il sistema nazionale di istruzione pone alle scuole statali di ogni ordine e grado.

Intanto, nel mondo cattolico progressista la nota vaticana ha suscitato sgomento e preoccupazione. La sezione italiana di Noi Siamo Chiesa, realtà nata 25 anni fa per chiedere riforme come l’accesso ai ministeri ordinati per le donne, il coinvolgimento delle comunità diocesane nella nomina dei vescovi, la piena accettazione delle persone lgbt, condannano la scelta vaticana. Rifiutano «questa specie di ridicolo scontro di civiltà», «non solo in nome della laicità della Repubblica», ma anche «per la nostra fede».