Il vaccino prodotto dall’azienda farmaceutica tedesca CureVac ha dimostrato un’efficacia del 47% nei confronti del Covid-19. Lo ha annunciato la stessa azienda in un comunicato, spiegando che sono i risultati preliminari di un trial clinico effettuato su circa 40 mila persone in diversi paesi europei e sudamericani. Con questo basso livello di efficacia, il vaccino non potrebbe essere autorizzato dall’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) per il commercio all’interno dell’Unione europea. La bocciatura del vaccino farebbe mancare un pilastro importante alla campagna vaccinale europea. In Italia, senza CureVac disporremmo di 20 milioni di dosi in meno per il 2021, e altri 10 già prenotati per il 2022.

L’EFFICACIA è stata valutata sulla base di 134 casi di Covid-19 registrati nel trial. Per avere risultati definitivi mancano ancora alcune settimane, al termine delle quali l’Ema farà la sua valutazione finale. Ma è improbabile che il risultato finale si discosti molto da quello comunicato ieri.

L’azienda ha spiegato il fallimento del vaccino con le varianti virali in circolazione. Il test si è svolto «in un contesto senza precedenti in cui ben tredici varianti hanno circolato nella popolazione oggetto dello studio», scrive CureVac in una nota. Il 57% dei casi sono infatti riconducibili alle varianti ritenute preoccupanti dai virologi, oggi denominate con le lettere dell’alfabeto greco da alfa a lambda. Questo spiegherebbe perché il vaccino CureVac sia risultato così inferiore rispetto a quelli Pfizer e Moderna, simili per concezione.

Anche il vaccino CureVac infatti funziona a mRna. Esso porta nelle cellule il codice genetico della proteina Spike del coronavirus sotto forma di una molecola di Rna. Una volta penetrato, sono le stesse cellule a sintetizzare la proteina Spike a partire dal codice genetico, in modo che il sistema immunitario impari a riconoscerla e sviluppi gli anticorpi specifici contro il coronavirus.

Molti esperti però dubitano che il fallimento sia dovuto alle varianti. «Spiegare la bassa efficacia del vaccino CureVac con le varianti non convince. Le varianti note di cui si conosce la capacità di aggirare il sistema immunitario, la beta e la delta, non sono tra quelle citate» spiega via web Eric Topol, direttore dello Scripps Institute di La Jolla, in California, e uno dei più autorevoli e seguiti scienziati tra quelli che seguono le vicende legate alla pandemia e ai vaccini.

L’AZIENDA fa sapere di non avere intenzione di abbandonare la ricerca sui vaccini anti-Covid, nonostante le difficoltà. Insieme al colosso farmaceutico Gsk, sta già lavorando a un vaccino a mRna di seconda generazione, attivo contro più varianti.

Dopo i test di laboratorio, «CureVac e Gsk si aspettano di iniziare i test clinici sul vaccino di seconda generazione entro settembre – scrive l’azienda – con l’obiettivo di arrivare sul mercato nel 2022, dopo l’autorizzazione da parte delle agenzie regolatorie». Ma nell’immediato la mancanza del vaccino CureVac rappresenta un problema per condurre in porto rapidamente la campagna vaccinale. Dopo lo stop ad AstraZeneca negli under 60, raggiungere l’obiettivo del generale Figliuolo di immunizzare gli italiani entro l’estate diventa più difficile.

«Se CureVac non arriva e se ci sono altri intoppi è chiaro che non ce la faremo», aveva detto il commissario straordinario solo pochi giorni fa, commentando le nuove regole sul mix vaccinale. Secondo i piani concordati con l’Unione europea a fine 2019, a questo punto l’Italia avrebbe dovuto avere a disposizione 85 milioni di dosi, non i 49 effettivamente ricevuti. Salvo sorprese, all’Italia non mancheranno solo i 7 milioni di dosi CureVac inizialmente previsti entro giugno. AstraZeneca ne aveva promesso 40 milioni, ma finora ne ha consegnati meno di dieci. Da Johnson & Johnson erano attesi 14 milioni di vaccini, e non gli 1,7 milioni effettivamente spediti. Moderna ha quasi mantenuto l’impegno per 6 milioni di dosi (a oggi sono quasi 5) mentre Pfizer ha superato le attese, inviando in Italia 33 milioni di dosi: il doppio di quanto previsto a dicembre, grazie a nuovi ordinativi effettuati in primavera.

L’UNIONE EUROPEA aveva puntato molto sul secondo vaccino tedesco dopo quello di BioNTech. CureVac, un’azienda con poche centinaia di dipendenti, non aveva mai prodotto un vaccino a uno stadio così avanzato. Nell’emergenza Covid-19, lo sviluppo è stato accelerato da un finanziamento di 300 milioni di euro da parte del governo tedesco, a cui si sono aggiunti un prestito di 75 milioni della Banca per gli investimenti europei e un accordo per l’acquisto di 225 milioni di dosi da parte dell’Unione europea, più una prenotazione per altri 180 milioni di dosi. L’ammontare economico dell’accordo non è pubblico, come per ogni vaccino acquistato dall’Unione. Ma le indiscrezioni più accreditate parlano di un controvalore di circa 4 miliardi di euro.