L’esperienza maturata dal Centro di recupero tartarughe marine di Brancaleone (Rc) è in linea con un’indicazione apparsa pochi anni fa sulla rivista Global Change biology: oltre il 50% delle tartarughe marine potrebbe aver ingerito rifiuti di plastica. Questo tipo di inquinamento è una delle minacce gravi alla vita selvatica.

SI CHIAMA «FUTURA» e ha tre zampe, ma non è un animale fantascientifico: la Caretta caretta salvata dal Centro di recupero era finita in un groviglio di nylon e corde; un arto ha dovuto esserle amputato. Animali marini appartenenti a centinaia di specie (anche uccelli) finiscono intrappolati nella plastica o danneggiati dalla sua ingestione.

GLI ECOSISTEMI MARINI e la loro biodiversità sono dunque fra le vittime di questo derivato dal petrolio indistruttibile eppure generalmente monouso; ogni anno, secondo un rapporto preparato per l’Unep-Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (From Pollution to Solution: A global assessment of marine litter and plastic pollution del 2021), ne finiscono nei mari altri 8 milioni di tonnellate. Di questo passo, avvertiva la Ellen Mc Arthur Foundation, negli oceani la plastica supererà in peso i pesci.

DEL RESTO, SOLO L’1% del totale del materiale utilizzato viene raccolto per essere riciclato e solo il 9% lo è davvero. Mentre si moltiplicano le isole di rifiuti galleggianti, secondo i dati del Global plastic outlook pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la produzione globale di plastica è raddoppiata dal 2000 al 2019. Il suo uso, in mancanza di un’azione urgente, potrebbe triplicare entro il 2060. Sempre più diffuse poi le microplastiche, particelle di grandezza inferiore ai 5 millimetri: costituiscono il 12% dei rifiuti dispersi nell’ambiente e presentano seri problemi per la salute umana.

LA PRIMA RICERCA GLOBALE sulla produzione di plastica, realizzata da alcune università con la collaborazione della Sea Education Association, pubblicata nel 2017 dalla rivista Science Advances stima che dal 1950, quando iniziarono la produzione e il consumo di massa, ne sarebbero stati prodotti oltre 9 miliardi di tonnellate. Un’industria globale che vale oltre 522 miliardi di dollari e fa gravi danni anche al clima: entro il 2050, le emissioni di gas serra associate alla produzione, all’uso e allo smaltimento della plastica potrebbero rappresentare il 15% delle emissioni di gas serra, sempre secondo l’Unep.

MA FINALMENTE, un trattato globale sulla plastica (Treaty on plastic pollution) è in via di definizione dopo che, il 2 marzo 2022, alla Quinta assemblea delle Nazioni unite per l’ambiente (Unea) a Nairobi, delegati da 175 nazioni hanno approvato una risoluzione per porre fine all’inquinamento da plastica e forgiare un trattato internazionale legalmente vincolante entro la fine del 2024. Un gruppo di paesi riunitisi nella Hac – High Ambition Coalition to End Plastic Pollution (ormai le coalizioni altamente ambizione all’Onu si sprecano), ha istituito un Comitato intergovernativo negoziale (Inc) che si è riunito a Punta del Este in Uruguay alla fine di novembre, alla presenza di 2300 delegati da 160 paesi. I lavori proseguiranno a Parigi nel maggio 2023.

LA CURA PER L’EPIDEMIA di plastica deve tenere conto della produzione, della progettazione e dello smaltimento. Una delle questioni su cui il trattato Onu intende maggiormente concentrarsi riguarda l’economia circolare, per evitare la dispersione nell’ambiente di quantità indicibili.

PRIMO TRATTATO AL MONDO su un materiale specifico (se si escludono quelli a uso bellico come le mine), il trattato globale sulla plastica è un obiettivo ambizioso e difficile da realizzare, soprattutto perché si tratta di regolamentare un ambito in cui si scontrano interessi molto diversi gli uni dagli altri, spesso addirittura contrapposti. Ad esempio, non è stata formalizzata una definizione comune del ciclo di vita della plastica. E quanto al concetto di economia circolare – formalmente condiviso nei negoziati –, non c’è consenso su quale sia il giusto rapporto fra il miglioramento dell’efficienza del ciclo di vita della plastica e la riduzione della sua produzione. Misura ben più drastica m assolutamente necessaria.