La domanda potrebbe apparire provocatoria ma è non solo legittima quanto stringente dal punto di vista politico: per chi ha votato il presidente del consiglio Giuseppe Conte alle elezioni suppletive del collegio di Roma centro di domenica scorsa? Ha tradito il suo ministro dell’economia Roberto Gualtieri oppure ha deciso di non votare per il Movimento 5 Stelle, la forza politica che due anni fa lo ha fatto debuttare da uomo politico direttamente sul palcoscenico di Palazzo Chigi?

OVVIAMENTE CONTE non lo dirà mai, ma è davvero difficile che abbia voluto negare il suo appoggio ad un esponente di primaria importanza del suo governo. Anche perché la candidata del M5S Rossella Rendina, scelta sulla piattaforma Rousseau senza concorrenti come attivista da immolare ad una specie di desistenza filogovernativa, non ha fatto una campagna elettorale di primo piano.

AL SUO FIANCO nelle scorse settimane, tanto per fare un esempio, non si è mai vista la sindaca di Roma Virginia Raggi, che aveva previsto la sconfitta, come ha dichiarato ieri cercando di minimizzare la débâcle grillina dentro le mura storiche della capitale. Va detto che anche nel momento di massimo fulgore, quando tutti i municipi di Roma la spinsero a furor di voti fino al Campidoglio, Raggi non aveva espugnato il centro storico. Tanto che dalla nuova mappa elettorale di Roma, fatta di due bandierine col segno Pd nelle zone centrali accerchiate da quelle pentastellate in tutto il resto della città, vennero tratte analisi un po’ frettolose ma suggestive sulla sindaca espressione delle periferie in cerca di riscatto.

LA REALTÀ È SEMPRE stata più complessa, quel voto fu un gesto disperato e disincantato di protesta, ma non è detto che proprio le elezioni di Roma Centro, non rappresentino un segnale in controtendenza per la sindaca che, pur con tutti i dubbi legati al suo rapporto con i vertici M5S e relativi all’interpretazione della regola due mandati, fino a ieri lavorava per la sua ricandidatura. Adesso, appunto, non è scontato che le cose vadano in questo modo, perché dal M5S hanno accusato il colpo. Avevano messo in conto una sconfitta ma non pensavano che sarebbero finiti subito sopra il Partito comunista di Marco Rizzo con appena 1500 voti.

IL QUADRO GENERALE, emblematizzato appunto dalla domanda sul comportamento del presidente Conte nel segreto dell’urna suppletiva, non aiuta l’atteggiamento terzista di Raggi e la sua corsa contro tutto e tutti. Dunque, se ad assessorati e dipartimenti del Campidoglio già dalle scorse settimane era stato recapitato chiaro e tondo il messaggio che invitava a chiudere più progetti possibili e a concretizzare al massimo in vista del rush finale prima del voto, nel sottobosco degli attivisti si osserva con un certo sgomento che la pagina sul sito del M5S che ospitava il documento con il programma elettorale con il quale Raggi nel 2016 venne eletta sindaca risulta inaccessibile da settimane.

QUESTO RETROSCENA rimanda ad un altro dato che descrive meglio la natura del M5S: gli amministratori del sito avevano notato durante la campagna per le scorse comunali che quella pagina contava pochissime visite. Oggi, dopo quattro anni di amministrazione, le promesse elettorali di Raggi potrebbero essere fonte di imbarazzo. All’epoca del trionfo, era il contesto politico a fare la differenza e a spingere la lista grillina fino a oltre il 35% dei consensi tra i romani (che scesero al 25 nel collegio Lazio 1, quello del centro).

Raggi forse conta ancora su questo fattore pre-politico, ma i pretendenti al Campidoglio non fanno sconti.

FABIO RAMPELLI, vicepresidente della camera e possibile candidato a sindaco per le destre in quota Fratelli d’Italia, registra la sconfitta della sindaca ma dice anche sente «olezzo di inciucio» tra M5S e Pd. Nicola Zingaretti saluta la vittoria come «ennesimo segnale che premia unità». Dal M5S ufficialmente si minimizza, rimandando alla platea ristretta e all’alto dato dell’astensione. Anche se il consigliere regionale Marco Cacciatore, che presiede la commissione che si occupa dei rifiuti (forse il punto più dolente della giunta comunale) ammette: «Il risultato del M5S inferiore del 5% non lascia spazio a scuse».