Il Terzo Tempio preme sulle moschee di Gerusalemme
Reportage All'Istituto per il Tempio progettano la ricostruzione dell'edificio più sacro dell'Ebraismo dove da 1300 anni è situata la Cupola della Roccia islamica. Quelle che erano le idee bizzare di pochi ora sono sostenute da ministri e deputati. Crescono le proteste palestinesi, si rischia una escalation di scontri.
Reportage All'Istituto per il Tempio progettano la ricostruzione dell'edificio più sacro dell'Ebraismo dove da 1300 anni è situata la Cupola della Roccia islamica. Quelle che erano le idee bizzare di pochi ora sono sostenute da ministri e deputati. Crescono le proteste palestinesi, si rischia una escalation di scontri.
Batsheva è la guida del nostro un gruppo: sette-otto europei e un paio di immancabili giapponesi. Ebrea sudafricana, giovane, ci tiene a presentarsi subito come la moglie di uno dei principali rabbini che dirigono l’Istituto del Tempio (https://www.templeinstitute.org/main.htm) che da quasi trent’anni progetta la ricostruzione del Tempio ebraico a Gerusalemme. Il terzo dopo i due distrutti rispettivamente dai Babilonesi e dai Romani. Con fare sciolto e qualche battuta scherzosa, prova a darsi un’immagine di donna semplice ma in grado di presentare bene un argomento tanto delicato. Ci spiega che l’istituto – situato in un edificio di Via Misgav Ladach nel quartiere ebraico della città vecchia di Gerusalemme – sta ricreando e conservando vasi, oggetti, strutture rituali di legno e altri elementi propri del Tempio biblico che un giorno andranno ad arredare il Terzo Tempio. «Chi desiderava costruire il Tempio ma fu costretto a rinunciare perchè era un comandante militare?», domanda Batsheva ai presenti con tono da maestra. Un mano si alza alle nostre spalle. «Re Davide» risponde una signora. «Bravissima», replica Batsheva.
Nella prima sala dell’Istituto domina il plastico del Secondo Tempio e dipinti di profeti. Nella seconda ci sono riproduzioni di abiti tradizionali di sacerdoti e una struttura rituale in legno. Batsheva parla come un torrente in piena, poi chiede ai presenti di fare domande. Ha un paio di secondi di esitazione quando una partecipante al tour chiede se nel Terzo Tempio saranno sacrificati animali. Dopo averci pensato su risponde che la questione è dibattuta da lungo tempo e con conclusioni discordanti. Il pezzo forte è nella terza sala. Batsheva con gesti solenni apre una tenda per mostrarci una riproduzione a grandezza reale (si presume) dell’Arca dell’Alleanza. Siamo alla conclusione del giro e facciamo una domanda alla nostra guida: «Questo istituto intende ricostruire il Tempio ma nel sito che voi indicate qui a Gerusalemme ci sono da 1300 anni le moschee di al Aqsa e della Roccia, il terzo luogo santo dell’Islam. Che fine farebbero?». Batsheva, a nostro avviso, evita di dare sfogo alla voce del cuore. Sceglie il linguaggio della diplomazia. «Non so dare una risposta. Posso dire soltanto che ci dobbiamo preparare a ricostruire il Tempio, è un nostro dovere come ebrei. Come e quando avverrà non lo sappiamo», ci dice. Poi aggiunge parole, a nostro avviso, illuminanti: «Un tempo pochissimi (ebrei) parlavano della costruzione del Terzo Tempio, oggi sono tanti, sempre di più. E con noi abbiamo anche 12 deputati della Knesset (il Parlamento)».
Ha ragione Batsheva. Quelli che fino a qualche anno fa apparivano come propositi bizzarri di un gruppetto di fedeli abbagliati dalle sacre scritture, oggi sono la base ideologica di un movimento articolato, non solo religioso ortodosso, con ranghi sempre più folti, che riceve sostegno da alcuni ministri del governo Netanyahu nonchè aiuti e finanziamenti dall’estero, anche da organizzazioni cristiane sioniste. Milioni di americani, ad esempio, sognano la ricostruzione del Tempio ebraico al posto delle moschee perchè credono che innescherà conflitti apocalittici, la venuta dell’Anticristo e la vittoria finale del “Regno di Dio”. Non sorprende perciò che la campagna di finanzimento lanciata dal rabbino Chaim Richman, dell’Istituto del Tempio, per allevare in Israele una “giovenca rossa perfetta” (https://www.youtube.com/watch?v=nHnjOiagh-g) abbia già visto 415 persone donare in meno di un mese 31.150 dollari, sui 125 mila necessari per realizzare il progetto (le ceneri della “giovenca rossa perfetta” saranno utilizzate in un rituale di purificazione del Tempio. L’animale introdurrà l’avvento del Messia).
Sulla strada della costruzione del Terzo Tempio c’è tuttavia la sgradita presenza della Cupola della Roccia e di al Aqsa e gli appelli che i più estremisti lanciano per l’eliminazione delle due moschee, gettano nello sgomento i palestinesi musulmani e infiammano l’intero mondo islamico. La tensione nella città vecchia ormai è costante. Gli scontri tra dimostranti palestinesi e polizia si ripetono ad ogni tentativo da parte di militanti del movimento per la (ri)conquista del Monte del Tempio di entrare sulla Spianata delle moschee. E la stampa, soprattutto quella occidentale, offre il suo contributo descrivendo in gran parte dei casi gli attivisti del Tempio come semplici religiosi ebrei desiderosi di pregare nel luogo santo e i palestinesi musulmani come dei fanatici violenti. Anche gli stranieri danno il loro aiuto. Qualche giorno fa un francese ha sventolato la bandiera di Israele sulla Spianata delle moschee prima di essere cacciato via e ferito leggermente dai fedeli musulmani. Cosa accadrebbe se i palestinesi chiedessero di pregare regolarmente al Muro del Pianto (ugualmente sacro all’Islam) sventolando ogni volta la loro bandiera nel sito religioso più importante per l’Ebraismo? I media internazionali non sembrano porsi questo interrogativo quando raccontano delle “violente reazioni palestinesi”.
Gli ebrei ortodossi e le autorità rabbiniche credono che la ricostruzione del Tempio debba avvenire nell’epoca del Messia e per mano della Divina Provvidenza. E per questa ragione agli ebrei non è consentito entrare sulla Spianata delle moschee. Ma oggi per motivi soprattutto politici, non è più una minoranza esigua, insignificante, la parte che afferma che gli ebrei sono chiamati a ricostruirlo quanto prima. Riconquistare il Monte del Tempio è divenuto un imperativo per buona parte della destra nazionalista, religiosa e laica, che intende imporre la piena sovranità di Israele sul sito “incautamente” lasciato al controllo del Waqf islamico dopo l’occupazione della città vecchia e di Gerusalemme Est nel 1967. Tre ministri del partito Casa ebraica – Uri Ariel, Ayelet Shaked e Naftali Bennett – ed esponenti di primo piano del Likud come la ministra della cultura Miri Regev e la vice ministra degli esteri Tzipi Hotoveli, sostengono apertamente il “ripristino” della totale sovranità ebraica sulla Spianata di al Aqsa. Posizione che offre una copertura politica ai rappresentanti della destra estrema religiosa come Yehuda Glick (leader di Diritti Umani per il Monte del Tempio, ferito gravemente quasi un anno da un palestinese a Gerusalemme), agli ex deputati Moshe Fleigin, Aryeh Eldad e Michael Ben Ari per portare avanti la loro campagna. E non mancano i tifosi del Terzo Tempio anche in Campo Sionista (laburisti), il deputato Hilik Bar ad esempio.
Decisivo per la crescita del movimento negli ultimi due-tre anni è stato il gruppo “Studenti per il Monte del Tempio”, formato da Im Tirzu (i giovani di Casa ebraica), che ha allargato il discorso della sovranità israeliana sulla Spianata delle moschee alle nuove generazioni. Tutte queste forze, ai vertici della politica o alla base della società, hanno come primo obiettivo l’introduzione sulla Spianata di al Aqsa del sistema adottato da Israele dopo il massacro compiuto da un colono (febbraio 1994) di 29 palestinesi alla Tomba dei Patriarchi di Hebron: la spartizione del sito religioso, con due sezioni, una palestinese e una ebraica. E girano voci di contatti segreti tra Tel Aviv e Amman, con il favore degli Usa, per strappare al Waqf palestinese l’amministrazione delle Moschee di Gerusalemme per passarla al ministero degli affari religiosi della Giordania. Al resto naturalmente ci penserà la Divina Provvidenza. Intanto nessuno sembra dare peso ad un punto centrale: toccare le moschee di Gerusalemme significherebbe innescare rivolte palestinesi e islamiche gigantesche e dalle conseguenze inimmaginabili, nella regione e non solo.
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