Il divario fra artista e promotore, a volte, viene colmato da un’unica persona. È il caso di Simone Massi, di cui abbiamo parlato già in queste pagine, specialmente in riferimento al festival Animavì di cui ha appena lasciato la direzione artistica. Un esempio virtuoso nato in un piccolo paesino dell’entroterra marchigiano, con un argomento di nicchia ma attraverso cui è stato possibile allargare l’orizzonte di pubblico.

Massi, già David di Donatello per il miglior cortometraggio e Premio Flaiano per le animazioni di La strada dei Samouni, è considerato un maestro anche per la particolarissima tecnica artigianale (tavole di inchiostro poi graffiato) con cui realizza le sue illustrazioni, ora riparte da un’altra ambiziosa avventura intitolata Alma, affiancato dal sodale Goffredo Fofi. Raggiunto al telefono, dopo un preambolo estremamente pessimistico sulla situazione generale dell’umanità («forse è giunto il momento di lasciare tutto in mano agli animali») e sul significato di solitudine, ci introduce in questo nuovo progetto.

Animavì in poco tempo ha conquistato uno spazio importante nel circuito dei festival nazionali, facendo arrivare in un paesino come Pergola (Pu) artisti come Toni Servillo o Wim Wenders. Ora, è tempo invece di un’associazione di volontari per ricominciare da capo…
Animavì è cresciuto troppo in fretta e questo ha dato l’illusione che si trattasse già di una creatura adulta, pronta per un passo e per un cambiamento che, a mio parere, non era assolutamente ancora in grado di fare. Su questo, all’interno del direttivo del festival, ci sono state divergenze di vedute che nell’ultimo anno si sono fatte sempre più numerose e serie e pesanti.
Una situazione che era diventata letteralmente insostenibile e che è culminata con lo spauracchio delle vie legali. A quel punto non mi è rimasto che lasciare. Me ne sono andato per offrire ad Animavì una possibilità di salvezza. C’è una storia che parla per me e racconta di una persona onesta che non ha mai inseguito il denaro o il potere. Mi aspettavo però che etica e ragionamento non fossero visti come un’inutile perdita di tempo…

Dall’esperienza di Animavì cosa si è portato dietro?
Difficile elencarle tutte. La prima cosa è che l’impossibile è talvolta possibile. All’inizio mi prendevano per pazzo, principalmente perché abitavamo a Pergola, un paesino in cui i grandi nomi non potevano passare nemmeno sbagliando strada. Senza un cinema, senza un locale al chiuso sufficientemente grande, senza una storia… io invece ero convinto che l’idea avrebbe funzionato esattamente per questo. Poi ho scoperto l’intricata rete di rapporti, leggi ed equilibri che regolano l’ambiente dell’imprenditoria, della società e della politica, rapporti che sono assolutamente normali e legittimi e che tuttavia faccio ancora fatica a capire, probabilmente per il tipo di formazione avuta e perché abituato a un mondo diverso, fatto di solitudine e personaggi di carta. Ecco, anche raccontando questi due episodi trovo conferma della fragilità di Animavì, evento straordinario ma fondato su due realtà evidentemente inconciliabili.

Alma, Associazione Libera Marchigiana Animatori, è appena nata e si impegna a promuovere e valorizzare il cinema d’animazione e l’illustrazione. Sembra una frase da agenzia pubblicitaria, però è vero che ha sempre cercato di evidenziare i colleghi che vivono nelle Marche. In che modo, questa volta? E, soprattutto, in che relazioni sono con gli autori al di fuori della regione?
Facendo rete, ritrovandoci – almeno inizialmente – in rete. Gli animatori e gli illustratori delle Marche sono tutti sparpagliati, isolati, un po’ per indole e un po’ per la conformazione del territorio.
Questo isolamento storico va spezzato, semplicemente perché oggi ci sono i mezzi e la volontà per farlo. Alma si propone di far conoscere e sostenere l’eccellenza dei propri disegnatori attraverso workshop, laboratori, master class, eventi, incontri con gli autori, mostre, pubblicazioni.
L’associazione è rappresentata da autori noti internazionalmente e da giovani con esperienze di lavoro già prestigiose, hanno aderito tutti con entusiasmo e oggi sono presenti sul sito con schede comprensive di curriculum, immagini e link. Presto nascerà una rivista online scaricabile gratuitamente, con focus sugli autori, interviste, notizie sulle attività dell’associazione e più in generale dal mondo dell’animazione.

Fra i nomi che aderiscono al collettivo ci sono Stefano Franceschetti, Magda Guidi, Sandro Pascucci, Elisa Mossa e tanti autori, ex-studenti e docenti della Scuola del Libro di Urbino. Avete tutti delle scadenze e impegni, oltre alla comune origine artistica: cosa vi ha spinto a promuovere in un progetto simile?
Probabilmente perché abbiamo preso coscienza con qualche decennio di ritardo che dobbiamo unirci, per vedere finalmente riconosciuta come arte il nostro cinema. Il nostro è un progetto ambizioso che nasce per dare un’opportunità mai avuta prima, quella di poter fare i nostri film senza essere costretti ad andare all’estero. Ci vogliamo impegnare affinché autori di assoluto talento possano continuare a disegnare senza abbandonare la propria passione o ridurla ai ritagli di tempo, quando non lavorano come camerieri.

Per Animavì all’inizio erano stati coinvolti artisti avulsi dalla scena che si voleva stimolare, come musicisti, scrittrici, attrici, forse perché per il pubblico era necessario avere delle garanzie su un certo tipo di linguaggio artistico. Si trattava di cinque anni fa. Adesso che situazione si può descrivere?
Oggi stiamo facendo l’operazione contraria, perché ALMA non è un festival, è un’associazione a sostegno di un’arte e di una poetica che sono considerate originalissime, al punto che qualcuno ha parlato di una “scuola marchigiana”. Per questo motivo abbiamo coinvolto persone del settore, registi e critici cinematografici, Alberto Barbera, Giannalberto Bendazzi, Goffredo Fofi, Jean Michel Frodon, Phil Mulloy, Regina Pessoa, Luca Raffaelli, Stefano Savona, Georges Schwizgebel. Sono nomi importanti che hanno accettato di sostenerci e che certificano come il cinema d’animazione nostrano sia riconosciuto come un’eccellenza a livello internazionale.

Il fulcro dell’operazione gira certamente intorno al cinema di animazione e all’illustrazione, ma si radica in un territorio che conosce poco quest’ambito. Si può dire che cercate di valorizzare il territorio anche grazie ai vostri lavori? E concretamente in che modo?
Certo che sì. Urbino, ma anche la stessa Pergola sono riconosciute come città del cinema d’animazione e i lavori raccontano del territorio anche quando vengono realizzati altrove. È inevitabile, c’è un legame molto forte fra gli autori e la terra. L’obiettivo è quello di far sì che l’altrove, cioè il posto dove sono finiti molti dei disegnatori marchigiani, lasci il posto ai ritorni e che le opere future possano nascere qui, creando occupazione. Sembra impossibile, una cosa da pazzi, ma da qualche parte bisogna cominciare e la pazzia vera sarebbe non provarci.