«Se potessimo udire tutti i suoni esistenti, impazziremmo». Instancabili nella loro ricerca filosofica e filologica per dimostrare da una prospettiva non euclidea il teorema di Charlie Parker, Matmos tornano, dopo il recente ottimo disco solista di Drew Daniel come Soft Pink Truth, con un album-monstre, The consuming flame: open exercises in group form (Thrill jockey), un triplo cd torrenziale ed ispirato, con allegata una mappa gigante per capire chi suona cosa e quando, stante la mole di partecipanti. Curiosi,ironici, acuti ascoltatori, onnivori consumatori ed esploratori del mondo come oggetto sonoro da venticinque anni, Daniel e Schmidt allestiscono un catalogo delle possibilità combinatorie e ricombinatorie della contemporaneità, quasi un messaggio da recapitare ad eventuali civiltà di possibili altrove. Muzak da ascensori per il patibolo, stasi, estasi, labirinti, labirintiti, lampi, satori, rumori, discoteche a zero gravità: tutto si tiene nell’universo in consunzione , in questi esercizi aperti, audiolaboratori per sperimentare sulla forma del gruppo, esercizi di digidemocrazia, dialoghi tra cuori, tasti, corde, macchine.

NOVANTANOVE i musicisti coinvolti; a tutti è stato chiesto di inviare materiale che rispettasse una sola regola: pulsare a novantanove battiti al minuto. Discontinuo e caleidoscopico per scelta ed intenzione, poliglotta e apolide, il dodicesimo album del duo pan/elettronico che ha collaborato anche con Bjork conferma ancora una volta la loro attitudine da Rinascimento teletrasportato nell’Antropocene. Un audiolibro corposo e fitto di note, rimandi, didascalie, una enciclopedia glitch illuminista da apocalisse in cui convergono istanze, timbri, mood tra i più disparati, in una Babele musicale dove la fusione di linguaggi, idee, corpi, desideri, paure è totale e foriera di una confusione esatta e filosofica.
Dedicato alla memoria del San Francisco Art Institute, dove Martin C. Schimdt, responsabile della scintilla da cui è nata la fiamma, teneva un corso sul suono come musica. Un viaggio in treno, come in Snowpiercer di Bong Joon-ho, in un mondo dove il futuro ci è piombato addosso prima che ce ne accorgessimo e le nuove religioni sono Netflix e la distanza, senza mai perdere tenerezza ed ironia: «Ci siamo incontrati su Tinder. Siamo morti poco dopo.»