Ieri mattina alle 9, nella maggioranza degli stati Usa, hanno aperto gli exchanges, i consorzi assicurativi, cardine della riuscita della riforma sanitaria di Barack Obama, che dovrebbero dare accesso a milioni di americani non assicurati a polizze di costo ragionevole. Alle 9.25, l’exchange del Connecticut riportava un nuovo iscritto e 700 persone online che chiedevano informazioni. Per promuovere l’adesione ai piani assicurativi offerti dal suo consorzio, l’Oregon ha inventato un jingle sui benefici della copertura sanitaria. In parecchi stati sono stati istituiti dei centri di assistenza dichiaratamente ispirati ai Genius bar della Apple. E ha citato la compagnia di Steve Jobs anche il segretario della sanità Usa, Kathleen Sibelius: «l’Affordable Act è una cosa nuova. Certo che ci saranno degli inghippi all’inizio. Però la Apple non ritira l’ultimo modello dell’I-Phone quando qualcosa non va, lo aggiusta».
Nonostate l’evento miliare, e l’impressione che l’interesse per gli exchanges potrebbe essere notevole (sempre costruttiva… Fox News di prima mattina riportava siti statali già intasate dal traffico) la notizia del giorno veniva da Washington e non riguardava (almeno direttamente) la sanità: dalla mezzanotte di lunedì il governo americano è infatti parzialmente chiuso, ostaggio dell’ala più oltranzista dei repubblicani alla Camera che hanno chiesto – in cambio dell’approvazione delle spese federali da qui a dicembre – prima la cancellazione dei fondi di Obamacare e poi, quando non ha funzionato, che l’entrata in vigore del mandato individuale (che rende l’assicurazione medica obbligatoria) venga rimandata di un anno. Temendo la defezione dei repubblicani moderati, lunedì sera lo speaker John Boehner non ha nemmeno messo al voto la proposta di budget già approvata in Senato, che non conteneva il corollario anti-sanità. Così facendo, non solo ha consegnato la Camera alla minoranza rappresentata dal Tea Party ma ha garantito che il paese si svegliasse martedì mattina in una situazione in cui non si trovava da quasi vent’anni (l’ultimo shut down – poi rivelatosi catastrofico per I repubblicani – era stato orchestrato dalla Camera di Newt Gingrich, a cavallo tra il 1995 e il ’96, ed era durato 21 giorni).
Circa 800 mila impiegati del governo federale (pari a un terzo della forza lavoro complessiva) sono così rimasti a casa, senza paga. Prevedendo questa possibilità, l’amministrazione Obama nei giorni scorsi aveva articolato un piano d’azione che privilegia alcune categorie rispetto ad altre, secondo una gerarchia di necessità. Sono quindi chiusi da ieri i parchi nazionali e gli zoo pubblici (bloccate le visite al popolarissimo baby panda di Washington), ma continuano a lavorare i controllori di volo degli aeroporti, gli agenti del servizio segreto e quelli della Dea. A casa il 97% degli impiegati della Nasa, il 94% di quelli della Environmental Protection Agency, l’agenzia per la protezione dell’ambiente, e l’81 di quelli che fanno capo al ministero degli Interni, ma solo il 14% di quelli della Homeland security, il 15% di quelli del Dipartimento di giustizia e il 4% di quelli del ministero per i Veterani di guerra. Attivi anche quasi tutti i 16 mila agenti dell’Fbi e la maggioranza degli impiegati del Dipartimento di stato, a Washington e nelle sedi diplomatiche all’estero. Alcuni analisti di settore hanno previsto che lo shut down potrebbe costare un miliardo di dollari a settimana ma che, complessivamente, il danno all’economia sarà molto più grosso. Ironicamente, l’entrata in vigore di Obamacare non sarà deragliata dal blocco del governo perché i fondi federali erano stati stanziati in precedenza e molto di quel che c’è da fare adesso dipende dagli stati. Ma questo sembra essere l’ultimo dei problemi dei deputati del Tea Party che, nonostante i sondaggi catastrofici (17% di approvazione), sembrano convinti della loro strategia kamikaze: «Abbiamo ragione e basta», dichiarava sul New York Times di ieri il repubblicano dell’Iowa Steve King. Aggiungendo, significativamente: «Si può recuperare terreno in seguito a una scaramuccia politica. Non dopo Obamacare».
«I repubblicani sono ossessionati dal desiderio di mettere in imbarazzo il presidente», ha dichiarato martedì mattina il presidente del Senato, il democratico Harry Reid, promettendo che non accetterà nessuna trattativa per la modifica della riforma sanitaria qualora vincolata a questioni di budget. Se la strategia di Boehner di non mettere nulla al voto intende presentare un’immagine unita dei repubblicani alla Camera, il dissenso comincia a farsi sentire. Il deputato repubblicano newyorkese Peter King ha parlato di «vicolo cieco» e il californiano Devin Nunes ha descritto I suoi colleghi teapartisti come dei «lemming dotati di giubbotti esplosivi».