Pare essersi dissolta la «clausola di dissolvenza», il trucco giuridico con cui il presidente del consiglio Giuseppe Conte portò fuori da una crisi sul Tav il governo giallo verde. Era marzo. Della clausola per tutto il giorno non parla più nessuno: eppure questo potrebbe essere il momento opportuno per «non dar seguito alla procedura senza che ciò generi oneri né per la stazione appaltante né per gli Stati, in coerenza con quanto previsto dal contratto di governo che prevede di ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia», queste le parole nella lettera che Conte spedì a Telt.

LA SOCIETÀ ITALO FRANCESE che ha il compito di progettare e costruire la maxi tratta ferroviaria Torino-Lione si è riunita ieri a Parigi. Al termine dell’incontro un comunicato stampa metteva nero su bianco che l’àvis de marché – il termine «bandi» tre mesi fa venne censurato per non urtare le sensibilità della componente 5 Stelle di governo – è «diviso in due lotti, uno per i lavori di costruzione e uno per la valorizzazione dei materiali di scavo» e «sarà pubblicato nei prossimi giorni sulla Gazzetta Europea con l’esplicitazione della facoltà di interrompere senza obblighi e oneri la procedura di gara in ogni sua fase, come previsto dal Codice degli Appalti Pubblici francese». Sottolineatura giuridica vagamente perfida che spiega l’assenza di riferimenti alla «clausola di dissolvenza». «Nel corso della riunione – continua Telt – conformemente con il programma del Grant Agreement condiviso dagli Stati con l’Inea, il Consiglio ha deliberato l’autorizzazione all’avvio delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori del tunnel di base della Torino-Lione, lato Italia, per un importo stimato complessivo di circa 1 miliardo di euro»: tutto procede, nessuna obiezione.

La coordinatrice europea del corridoio mediterraneo, Iveta Radicova, avrebbe inoltre sostenuto che porterà al 55% i finanziamenti per i progetti transfrontalieri Ten-T, quindi non solo per la Torino-Lione. Finora quello di Radicova è sempre stato un auspicio, ma il neo presidente del Piemonte Alberto Cirio, presente alla riunione parigina, ha parlato di «giornata storica: con la pubblicazione dei bandi per i lavori del tunnel in Italia e il cofinanziamento dell’Ue che sale al 55% per la parte internazionale. Ottenuto il finanziamento al 50% anche per la tratta nazionale da Bussoleno al nodo di Torino. In questo modo i lavori per l’intero tunnel di base sono banditi».

MENTRE TELT PROCEDEVA nel suo burocratico percorso verso il Tav (ci vorrà ancora un anno prima dell’eventuale assegnazione di lavori) cadeva il tentativo del M5S di gettare il pallone in tribuna: la cosiddetta mini Tav. Un tracciato inventato dall’ex sindaco di Venaus a cui alludeva pochi giorni fa la viceministra Laura Castelli. A chiudere la storia Matteo Salvini: «La Tav leggera? Un treno passa sotto la montagna o no (anche la Tav leggera passerebbe sotto la montagna per decine di chilometri, ndr). Tertium non datur. A me piacciono i treni che corrono». «C’è – ha aggiunto il leghista – un progetto in itinere, spero che la lezione delle Olimpiadi sia servita». Stoccata finale al M5S di Torino, che rappresenta una scomoda ridotta di grillini Notav.

Così Valentina Sganga, capogruppo in Comune dei pentastellati, ieri rispondeva al ministro: «Salvini non sa di cosa parla. Ogni spreco per lui è un vanto: contribuisca lui a rendere sostenibili economicamente grandi eventi e grandi opere restituendo i 49 milioni che la Lega deve allo Stato. Oggi la Corte dei Conti francese ha detto che il debito pubblico di oltralpe è in netta crescita. Italia e Francia hanno un interesse comune nel fermare il Tav».

NELLA CONFUSIONE giungeva la voce di Luigi Di Maio: «Non abbiamo mai pensato ad un progetto di Tav leggera. C’è un piano che, secondo gli accordi presi da chi ci ha preceduto, è un grandissimo regalo ai francesi. Se permettete, io penso prima al mio Paese e alla mia gente e ho fiducia nel fatto che il presidente Conte trovi una soluzione». E in prima battuta a Conte si era affidato anche il ministro Toninelli: «La questione è sulla sua scrivania». Però a sera il suo ministero si ricorda della «calusola di dissolvenza» e si affretta a stilare una nota: «Per ciò che concerne gli avvisi di manifestazione di interesse sul lato italiano, questi sono soggetti alle medesime cautele già previste per quelli pubblicati a marzo per il versante francese, ossia la limitazione al solo invito a presentare candidature, il preventivo avallo degli Stati all’avvio della fase successiva dei capitolati e infine l’inserimento della facoltà di rinuncia senza oneri né per Telt, né per gli Stati».

Resa dei conti interna il 12 luglio a Torino in un incontro tra il gruppo 5S torinese e il capo politico Di Maio.