Black Panther non è ancora uscito al cinema negli USA ma ha già battuto i record di prevendite dei biglietti. Come riporta Variety, le prevendite si sono aperte subito dopo la presentazione di uno spot del film nel corso dei College Football Playoff National Championship.

Così, mentre la divisione cinematografica DC non sa come uscire dal tunnel senza apparente via di uscita nel quale si è ulteriormente infilata con il pessimo Justice League, la divisione cinematografica della Marvel sembra non conoscere battute d’arresto.

Diciottesimo film del Marvel Cinematic Universe, in attesa dell’ evento Avengers Inifinity War, ha assunto da subito i crismi del film «Marvel anti Trump» nelle attese e nell’immaginario del pubblico. Inevitabile il riferimento al movimento Black Lives Matter in un momento i cui i giovani afroamericani uccisi dalla polizia per le strade sono in drammatico aumento.

Apparso per la prima in un albo dei Fantastici 4, il numero 52 del luglio 1966, creato dall’inossidabile duo formato da Stan Lee e Jack Kirby, il personaggio, come ci ricorda Raffaele Caporaso di Badcomics.it, «fu addirittura in un primo momento accusato di essere una versione bianca della realtà degli afroamericani».

Leader del Wakanda, monarchia che fonda la sua ricchezza sul vibranio, avanzatissima tecnologicamente (non a caso T’Challa, questo il vero nome di Pantera nera, dialoga con Reed Richards dei F4, con Tony Stark, Hank Pym e Bruce Banner), come poteva rappresentare adeguatamente la gente «born and raised in the ghetto» secondo quanto cantava Marlena Shaw in Woman of the Ghetto?

L’accusa, insomma, era: nero fuori ma bianco dentro.

La Marvel non si preoccupò più di tanto di queste osservazioni e diede vita anni più tardi (nel 1972), in era blaxploitation, a Luke Cage, supereroe a pagamento.

Ovviamente il nome da combattimento di Black Panther non era casuale, considerato che la Marvel della fine degli anni Sessanta e di buona parte del decennio successivo ha tenuto lo sguardo fisso sui conflitti che laceravano la società statunitense (e forse non tutti ricordano che a un certo punto Capitan America rinunciò ai suoi colori per diventare Nomad…).

Primo supereroe african-american della Casa delle idee, è un membro storico dei Vendicatori oltre che del gruppo segreto degli Illuminati. Nei vari crossover fra testate della Marvel, T’challa ha avuto anche una relazione con Ororo, ossia la Tempesta degli X-Men ed è stato un personaggio di spicco di tantissime saghe.

Dal punto di vista della strategia commerciale, il lancio di Black Panther assume un significato preciso per i Marvel Studios. «L’uscita di Black Panther è importante per la Marvel tout court», afferma Max Borg di Movieplayer.it e membro della ASGC (Associazione Svizzera dei Giornalisti Cinematografici). «Criticata negli ultimi mesi per varie iniziative editoriali discutibili, dopo dieci anni punta finalmente su un protagonista che si discosta dal modello del supereroe Wasp. Per usare la loro terminologia, è l’inizio di una nuova fase per quanto concerne la diversificazione dell’offerta».

E così, mentre atleti come Colin Kaepernick s’inginocchiano durante l’esecuzione dell’inno nazionale statunitense, in polemica diretta con Trump, e con lui moltissimi altri, e mentre sempre Trump definisce «shitholes» paesi come Haiti, Black Panther al cinema s’incarica di riaffermare che invece «black is beautiful».

E non è un caso che anche il rilancio cartaceo del personaggio sia affidato a un autore come Ta-Nehisi Coates, che ha pubblicato da poco il volume We Were Eight Years In Power – An American Tragedy, una raccolta di scritti che analizza il lascito dei due mandati Obama e il furore revanscista di Trump e camerati.

Secondo Caporaso nel lavoro di Coates «tutto ciò che in Pantera Nera era contraddizione si è trasformato in una chiave di volta grazie alla quale edificare una serie dalle tematiche forti e attuali, in grado di rendere il personaggio sia un leader politico che un simbolo dalla credibilità di strada forte».

Diretto da Ryan Coogler, il regista del magnifico Creed prodotto da Stallone, e interpretato da Chadwick Boseman fattosi notare per la sua superba interpretazione di James Brown in Get On Up – La storia di James Brown, il film che uscirà sugli schermi statunitensi il prossimo 14 febbraio e due giorni dopo nelle sale italiane, si annuncia come un ennesimo banco di prova per la tenuta della disubbidienza civile negli Stati Uniti, dove ormai anche andare a vedere un film di supereroi può assumere i tratti di un atto di micro resistenza antifascista e antitrumpiana.

D’altronde non ce li vediamo proprio i nazisti dell’Illinois o di Charlottesville fare la fila per andare ad ammirare le gesta di un sovrano africano dotato di superpoteri e straordinaria intelligenza strategica e imprenditoriale. E tantomeno Trump.