Massimiano Bucchi, sociologo e fondatore dell’istituto di ricerca «Observa», ha riassunto su Repubblica l’esito di un sondaggio in un articolo intitolato La vittoria dei pro-vax, raddoppiati gli italiani che credono alla scienza. L’indagine (997 interviste telefoniche) rivela che la percentuale di italiani contrari alle vaccinazioni è scesa all’8%, meno della metà rispetto al 2015. Gli antivaccinisti sono oltre il 12% tra i non istruiti e meno del 4% tra i laureati. Inoltre, le persone convinte che tutte le vaccinazioni dovrebbero essere obbligatorie sono arrivate al 47%, più del doppio del 23% di due anni fa.
SECONDO ALCUNI, questo sondaggio segna la vittoria dei pro-vax più aggressivi che a suon di reprimende avrebbero convinto gli italiani a rispettare le prescrizioni della comunità scientifica. Roberto Burioni, il virologo che spopola in tv e su Facebook (ha trecentomila fan) si è intestato la vittoria: «Abbiamo vinto. Il vento è cambiato». Merito delle «voci ferme e autorevoli» come la sua che «hanno sostituito le parole flebili dei divulgatori professionisti», ha scritto sul suo profilo.
In realtà, il sondaggio di «Observa» gli dà torto. Già altre ricerche, come quelle di Walter Quattrociocchi dell’Imt di Lucca, avevano dimostrato che la comunicazione «muscolare» polarizza le opinioni più che cambiarle. Ma secondo i dati Observa, le fonti di informazione più ascoltate (dal 44% del campione) risultano medici di base e pediatri. Solo il 4% si fida di siti web e pagine Facebook, compresa quella di Burioni.
Ma gli stessi risultati dei sociologi vanno presi con le molle. Innanzitutto, domande e risposte lasciano poco spazio alle sfumature. Ad esempio, chi ritiene che i vaccini siano necessari (tutti) ma che l’obbligo legale sia un errore, finirebbe tra i No Vax insieme a chi è convinto che i vaccini causino l’autismo. Eppure, è la posizione di molti esperti assolutamente non sospettabili di anti-scientismo.
Inoltre, il campione sondato rappresenta l’intera società italiana mentre l’opinione che conta davvero è quella dei due o tre milioni di genitori che devono decidere sulle vaccinazioni dei figli. In valore assoluto sono una minoranza. Di essa, solo una piccola percentuale è ostile ai vaccini. Sul migliaio di persone intervistate si tratta di poche unità, con un gran rischio di errore statistico. Ma il dato complessivo sulla copertura vaccinale (l’unico dato oggettivo che conta davvero) dipende dalle scelte compiute proprio da questo sottoinsieme della popolazione.
INFINE, ALTRE INDAGINI di questo tipo erano già state compiute con esiti assai diversi. Secondo Observa, le persone più istruite sono più propense a vaccinare i figli. Altre indagini più specifiche, come quelle del Censis del 2004 sui soli genitori, mostrano invece che tra gli antivaccinisti prevalgono le persone con titolo di studio elevato. I motivi, ha spiegato nel 2016 lo storico della medicina Andrea Grignolio nel saggio Chi ha paura dei vaccini? (ed. Codice), dipenderebbe dall’età sempre più avanzata dei genitori con le sue ricadute psicologiche e sociali.
Il rapporto tra livello di istruzione, età e scelte terapeutiche è un fattore chiave per valutare le strategie di politica sanitaria e di comunicazione.
Però ne sappiamo poco. Procedendo al buio, si rischia di andare a sbattere.