«Tutti gli operatori sanitari devono vaccinarsi contro il Covid. Se non vogliono, devono essere sospesi dal servizio perché non idonei»: è la posizione di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma e componente del Comitato tecnico scientifico. E Walter Ricciardi, consulente del ministro Roberto Speranza: «Occorre perseguire la strada del vincolo morale e professionale ma se non funziona bisogna procedere con l’obbligo per chi è a contatto con i pazienti».

Carlo Palermo, segretario nazionale del sindacato dei medici Anaao Assomed, commenta: «Domenica per il V-day c’è stata un’adesione molto alta della categoria, intorno all’80, 90%. Un dato maggiore rispetto a quello atteso dalla popolazione in generale, che a livello europeo è stimato intorno al 60, 65%. Magari tutti si vaccinassero come gli operatori sanitari, significherebbe raggiungere senza problemi la soglia fissata al 70% per ottenere l’immunità di gregge. La percentuale residuale di medici che non ha ancora aderito va persuasa».

Il no alla vaccinazione, a legislazione vigente, può provocare conseguenze: «In base al nostro Codice deontologico – spiega Palermo – un soggetto negazionista, no vax, no mask, è passibile di procedimento disciplinare: uno dei primi articoli parla di tutela della salute dell’individuo ma anche della collettività, ogni medico è tenuto ad adoperarsi per tutelare la salute della comunità. Si va quindi incontro a un procedimento disciplinare e, in situazioni estreme, si può arrivare all’espulsione». A monte c’è la Costituzione: «L’articolo 32 indica la salute “come fondamentale diritto dell’individuo” ma anche “interesse della collettività”. Ci sono poi altri profili costituzione che parlano di autodeterminazione. Ci troviamo in presenza di un conflitto e quindi serve una legge del parlamento per stabilire quale diritto deve prevalere».

Poi c’è il Codice civile: «Secondo il professore Pietro Ichino, in base all’articolo 2087, il datore di lavoro può licenziare medici e infermieri che rifiutano di vaccinarsi – prosegue Palermo -. Infine, c’è il Testo unico sulla Sicurezza nei luoghi di lavoro: chi è impiegato dove la possibilità di contagio è alta, se rifiuta il vaccino, pone un problema di sicurezza. Quindi potrebbe essere spostato, ove possibile, ad altre mansioni. Ma credo che la discussione dovrebbe vertere su altri problemi».

Cioè quanto è pronta la macchina organizzativa per la vaccinazione di massa: «Il primo punto è un flusso adeguato di vaccini e abbiamo già un problema con AstraZeneca, che è in ritardo. Il secondo sono le aziende sanitarie delle varie regioni che dovranno gestire i 3mila medici e 12mila infermieri mobilitati per la campagna. Non ci sono problemi di personale poiché sono disponibili 9mila medici non sono entrati nelle scuole di specializzazione più i 30mila specializzandi da trattare, però, come professionisti: pagati per il lavoro che faranno e non con crediti formativi e rimborsi».

Sul fonte degli infermieri, il presidente del sindacato Nursing up, Antonio De Palma, spiega: «Non serve alcuno strumento coercitivo, i nostri professionisti sapranno rispondere alla “chiamata alle armi”. Nel contempo, offriamo loro contratti degni di tale nome». Nursing up punta il dito contro il bando del commissario straordinario Domenico Arcuri per il reclutamento di medici e infermieri: chi aveva i requisiti si è candidato attraverso il sito di Invitalia per un contratto a tempo determinato di 9 mesi rinnovabile, contemporaneamente è stata bandita una gara (scadenza fissata a ieri) «per selezionare fino a cinque agenzie per il lavoro con le quali il Commissario straordinario stipulerà un accordo quadro per la selezione, assunzione e la gestione amministrativa» del personale impiegato nella campagna vaccinale.

Il sindacato accusa: «Le agenzie interinali si troveranno una banca dati già fatta. Arcuri dice che sono arrivate oltre 9mila domande: per controllare i curriculum e fare i contratti sono stati stanziati 25 milioni che potevano, invece, essere spesi per il personale. Ci sono 30mila infermieri ambulatoriali che lavorano a regime ridotto causa Covid, come quelli di allergologia che sono chiusi. Si potevano reclutare loro». Invece di pagare le agenzie interinali.

E poi c’è il personale delle Rsa: l’Ats di Brescia ieri ha denunciato che solo il 20% degli operatori ha aderito alla campagna (ma in serata si è arrivati al 50%). L’avvocato Maria Grazia Cavallo, legale di alcune Rsa piemontesi, spiega: «Il personale che non dovesse sottoporsi al vaccino dovrebbe essere trasferito a mansioni distanziate dagli ospiti». Uneba riunisce mille enti, tra Rsa e strutture per anziani, e per adesso non denuncia casi allarmanti: «Chi fa questo lavoro ha valori condivisi, anche la campagna di vaccinazione è una via per prendersi cura dei più fragili».