Al momento in cui scriviamo queste righe, dall’amministrazione comunale di Voghera non è arrivata neanche una parola di condoglianze per la morte di Youns El Boussetaoui. Il che è reso ancora più evidente il fatto che nelle scorse ore la sindaca Paola Garlaschelli ha trovato il tempo per scrivere ai suoi cittadini per innalzare simbolicamente un muro con le vittime di questa storia ma non per mandare un segno di umanità.

Se n’è accorto anche Vinicio Peluffo, segretario regionale del Partito democratico. «La sindaca avrebbe dovuto prima di tutto esprimere una parola di cordoglio per la vittima – ha detto Peluffo nel corso del presidio tenuto a Voghera dal suo partito nella mattinata di ieri – Cosa che non ha fatto. E avrebbe dovuto rassicurare i vogheresi che nessuno della sua giunta è e sarà mai autorizzato a girare le piazze armato e con il colpo in canna. È grave che quelle parole non siano arrivate, come non è arrivata una singola parola di condanna per atteggiamenti che, sia ben chiaro, non portano sicurezza ma disordine e violenza».

Di questa indifferenza al dolore della famiglia parla anche il cognato di Youns, marito della sorella Bahisjia con la quale vive in Francia. «Nessuno ci ha mandato un messaggio, non c’è spazio neanche per le condoglianze in questa situazione. E neanche ci si preoccupa del fatto che ci sono due bambini che adesso resteranno senza padre».

La famiglia El Boussetaoui è convinta del fatto che ci siano filmati che rendono evidente la colpevolezza di Adriatici. «Andremo avanti a cercare giustizia – dicono – è tutto chiaro, bisogna vedere i filmati completi. Anche nel pezzo di video che ha circolato, Youns prima di tirare un pugno aveva le mani dietro la schiena. Dopo l’assessore gli ha fatto vedere la pistola e lui si è difeso. Anche quel piccolo spezzone va visto bene ». Dicono di aver visto la vittima «il giorno prima che morisse per una celebrazione marocchina, la festa dell’agnello. Aveva detto domani vengo via con voi». «Noi tutti lavoriamo – prosegue il cognato – Anche Youns lavorava a Biella con suo padre. Poi negli ultimi quattro mesi ha cominciato a stare male, ha perso la testa… Ma non si uccide neanche un cane così, figuriamoci una persona malata».