DEUTSCHLAND

Germania, 2019, 9’22”

musica: Rammstein

regia: Specter Berlin

giudizio: magico

Piccolo kolossal per i Rammstein: e non poteva essere altrimenti visto il roboante titolo del brano. Ma quante sono le Germanie evocate in questo mini-film scenograficamente imponente ad altissimo budget? Si parte dall’Anno Domini sedicesimo, ovvero dall’era barbarica arrivando fino al futuro, quando astronauti-archeologi scopriranno le vestigia dell’impero teutonico che fu, passando per un medioevo antropofago, gli anni di Weimar (mentre Till Lindemann e compagni si prendono a sberle in una sorta di fight club) e il nazismo, anche se la band tedesca più provocatoria, tacciata in passato di simpatie destrorse, sceglie saggiamente di vestire i panni degli ebrei che, come in un happy end hollywoodiano, sparano in faccia ai loro carnefici. Per il resto Deutschland è il trionfo di un sincretismo storico e visuale dominato dai colori accesi, anche grazie alla superba fotografia di Armin Franzen che alterna toni caldi e freddi (“il tuo alito freddo” e “il cuore in fiamme” recita il testo della canzone); un music video fantasy-thriller-bellico, ricco di azione, movimenti di macchina, montaggio rapido, vertiginose associazioni iconografiche spazio-temporali, ma attraversato da una grande inquietudine che stempera qualsiasi esaltazione (“Deutchland uber allen”). In una parola: sublime.

RADIO

Germania, 2019, 4’30”

musica: Rammstein

regia: Jörn Heitmann

giudizio: bello

Quanto è erotica la vecchia radio? Ce lo raccontano i Rammstein in questo video, diretto dal fido Heitmann. La band di industrial metal si esibisce nel classico auditorium anni ’30 da concerti radiofonici, ma il loro playback è intervallato da rapidi inserti di donne che copulano (c’è perfino una suora) con dispositivi vintage, mentre poliziotti e soldati marciano per le strade di una Berlino che evoca gli anni di Weimar ma è ovvio che si preannunciano gli echi del medium usato come strumento di propaganda nel successivo regime totalitario. In realtà il passato si mescola a suggestioni del presente, come attiviste in stile femen sulle barricate. Insomma il classico clip targato Rammstein tutto in bianco e nero con un finale a colori dove i musicisti ritornano alla realtà davanti alla sede di Radio Berlino (oppure diventano irrimediabilmente fantasmi di un’epoca irripetibile).

TAKE IT BACK

UK, 1993, 5’

musica: Pink Floyd

regia: Marc Brickman

giudizio: classico

Riprese aeree della campagna inglese o di ghiacciai, suggestive visioni naturali, vedute di strade deserte, distretti industriali, fiamme ed eruzioni vulcaniche. Benvenuti nel magmatico e quasi astratto universo di forme e colori che caratterizza l’iconografia floydiana. Le uniche prersenze umane sono i primi piani che affiorano in dissolvenza di una donna e di un bambino (che ritorna nel finale come emblematica figura metafisica a simboleggiare un passato incontaminato da preservare), nonché di un uomo in tuta antiradioattiva che cerca di distruggere l’unico albero sopravvissuto scatenando un cataclisma. Un tocco di computer e alcuni effetti speciali completa questo riuscito clip dal sapore ambientalista, costruito sul potente sound della band londinese.

STRAIGHT UP

Usa, 1989, 4’15”

musica: Paula Abdul

regia: David Fincher

giudizio: bello

Simile all’altro clip diretto da Fincher per la Abdul, Foerever Your Girl, ma se lì il bianco e nero veniva mescolato al colore, qui Fincher opta solo per il bianconero, con una resa glam di grande effetto visivo e giocando proprio sul contrasto tra i due toni, per esempio suddividendo in due parti l’inquadratura, trasformando i perfomer in silhouette scure su fondo bianco o sovresponendo parti del viso e del corpo per farle risaltare su fondo nero. La fotografia quindi, insieme a un notevolissimo uso del montaggio, contribuisce a rendere sia plastico sia grafico questo Straight Up, che è forse il videoclip migliore realizzato da Fincher per la cantante e ballerina statunitense.