«Dio è un batterista», gran bel titolo per il percussionista indiano Trilok Gurtu, un uomo che ha attraversato con il sorriso sulle labbra e un’energia sovrumana almeno quattro decenni di musica senza passaporti, quel luogo bello e possibile dove si incontrano schegge di jazz, echi di note etniche, eleganti accenni popular. Il titolo sta a significare che, in questo mondo, tutto ciò che è vivo è pulsazione e battito, ed è difficile dargli torto. Questo disco  è il ventesimo per Gurtu, e di rado un suo progetto in studio ha avuto tanta compattezza, a dispetto dell’eterogeneità degli organici scelti, e...