Una manovra molto ingiusta, di stampo berlusconiano, quella che si prepara a varare oggi il governo Renzi: da un lato infatti taglia la tassa sulla prima casa anche ai ricchi, dall’altro mette a rischio i livelli essenziali di una già martoriatissima sanità. A danno delle fasce sociali più deboli, va da sé: il ricco con la casa in Piazza di Spagna non sosterrà più l’operazione al cuore per la pensionata al minimo. L’allarme è stato lanciato dagli assessori al Bilancio delle Regioni e dai presidenti delle Commissioni Sanità del Senato e Affari sociali della Camera.

«Se il Fondo sanitario per il 2016 resta a 111 miliardi, come annunciato dal premier Renzi, non ci sono materialmente i soldi per l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza Lea e per il Piano nazionale vaccini e si farà fatica anche rispetto al rinnovo dei contratti», ha dichiarato il coordinatore degli assessori al Bilancio, Massimo Garavaglia. «Grande preoccupazione per la sanità nella legge di stabilità, per la sostenibilità del sistema sanitario e per l’applicazione dei nuovi Lea», esprimono i presidenti della Commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi, e della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti.

Una preoccupazione, quella per la sanità, condivisa ancora fino a ieri dai presidenti di Regione e dai loro assessori alla Sanità, che hanno chiesto «di stanziare almeno altri due miliardi di euro rispetto ai 111 annunciati».

Ma la legge di Stabilità, come è noto, non si esaurisce qui: verrà presentata nel dettaglio oggi in conferenza stampa dallo stesso premier, e conterrà novità sul taglio dell’Ires (pare si faccia in due tempi), forse sulle pensioni (all’uscita flessibile si sostituirebbe il lavoro part time per gli over 63, che però – stando agli elementi per ora disponibili, conserverebbero integro l’assegno a cui hanno diritto una volta usciti).

Dovrebbe essere deciso anche il passaggio del canone Rai nella bolletta elettrica: scenderebbe a 100 euro (contro gli attuali 113) e potrebbe portare in dotazione un “tesoretto” di ben 500 milioni di euro, frutto della riduzione dell’evasione dall’attuale 27% a un «fisiologico» 5%. Peraltro non è affatto detto che questa somma verrà reinvestita nella stessa Rai. Sarà legato alla casa di residenza, e a una seconda casa solo se questa è intestata a un coniuge: se si deciderà di non pagarlo la luce non potrà essere staccata.

E poi, il “regalino” agli evasori fiscali: l’innalzamento della soglia di contante autorizzato per un singolo pagamento dagli attuali 1000 euro fino a 3 mila.

La proposta sui pensionati parti time, in particolare, sarebbe transitoria, in attesa comunque di una riforma più generale (Renzi negli ultimi giorni ha detto più volte che il nodo “flessibilità” è rimandato al 2016). L’intervento ipotizzato permette al lavoratore, sulla base di accordi individuali, di optare per il lavoro part time al 60%-40%, con il datore di lavoro che versa in busta paga i contributi netti che avrebbe versato all’Inps. Il lavoratore avrà i contributi figurativi e quando uscirà del tutto non vedrà intaccata la sua pensione. Si pensa anche di accoppiare questa misura a sgravi per le imprese che nel frattempo assumano, con accordi di solidarietà espansiva.

D’altronde, gli sgravi associati alle tutele crescenti dovrebbero diminuire l’anno prossimo: verrebbero dimezzati da 8 mila a 4 mila euro. Per quanto riguarda gli esodati, il governo ha fatto trapelare che verrebbe garantita una settima salvaguardia, per circa 25-26 mila persone: il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha ribadito ieri che si può attingere ai fondi messi da parte negli anni passati, pari a 1,3 miliardi di euro. Inoltre, dovrebbe essere assicurata la cosiddetta «opzione donna» fino a fine anno, conclusione naturale della sperimentazione voluta ai tempi di Maroni.

La manovra comunque ieri è stata sotto limatura fino a tarda sera, a opera del premier e del ministro Pier Carlo Padoan: il titolare dell’Economia, nel pomeriggio, si era recato al Quirinale per illustrarla al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Si è saputo in particolare che la spending review darà meno di quanto inizialmente atteso (ottimisticamente fino a qualche giorno fa si diceva addirittura 10 miliardi): massimo 4-5 miliardi di euro, quindi si dovrà fare molto affidamento sulla flessibilità concessa dalla Ue. Per gli sgravi Ires alle imprese, ad esempio, si attende di sapere se verrà concesso l’ulteriore margine di flessibilità richiesto per l’emergenza immigrati (che quindi verrebbe almeno in parte usato per altro).

Sulla soglia di uso del contante, hanno parlato a favore le associazioni di impresa: da Confindustria a Confartigianato e Cgia, mentre un no netto è venuto da Cgil, Cisl e Uil, e da associazioni di consumatori come Adiconsum. Dubbi anche all’interno dello stesso Pd, dopo quelli espressi da Pierluigi Bersani: ieri si sono espressi anche diversi senatori e deputati di Retedem. La presidente Rosy Bindi ha annunciato una valutazione della Commissione parlamentare Antimafia.

Infine, per tornare alla nota dolente del taglio delle tasse ai ricchi, alcuni dati diffusi ieri dalla Uil: l’eliminazione di Imu e Tasi sugli immobili di lusso porterebbe i proprietari a un risparmio medio di 2.778 euro l’anno, contro un risparmio medio di 180 euro (230 euro nelle città capoluogo) della Tasi sulle altre abitazioni adibite a prime case (quelle del cittadino medio, per capirci). A Milano per una casa signorile il risparmio può arrivare a 5.574 euro; a Venezia a 5.545 euro; a Roma a 5.238 euro; 2.073 a Palermo.