Fra le promesse del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto formulate due giorni fa davanti alla Commissione Vigilanza Rai c’è il nuovo piano di autoregolamentazione dei compensi che sarebbe in arrivo «in tempi brevi». Secondo le sue stesse anticipazioni «il piano porterà all’individuazione di fasce per evitare disparità tra i diversi ruoli dirigenziali, prevederà indennità di funzione riassorbibili al termine dell’incarico e un monitoraggio più attento delle performance dei manager». Per questo il dg auspica il «fondamentale» coinvolgimento dei sindacati.

Quello che però è strano – e che il dg non dice, o non sa – è che «l’indennità di funzione riassorbibile» c’è già. Può verificarlo chiunque vada sul sito Rai alla ormai famosa voce ‘Trasparenza’, quella che ha rivelato che dei 94 dirigenti Rai con uno stipendio sopra i 200mila euro lordi l’anno, un quarto dei quali sono sopra i 240 mila euro, e cioè il tetto fissato per legge per i dirigenti della pubblica amministrazione (Rai sostiene che questo tetto non la riguardi perché le norme di settore stabiliscono che dal tetto sono escluse le società quotate in borsa e le società non quotate che però emettono titoli negoziati su mercati regolamentati. E la Rai, guarda caso, nel 2015 ha emesso bond).

Accanto agli stipendi, dunque, c’è la voce «Organizzazione» dove sono stati resi pubblici i testi dei contratti di lavoro vigenti nell’azienda di viale Mazzini. E l’accordo integrativo Rai-Usigrai 2010 -2013 prevede, all’art.11, che «i giornalisti chiamati a svolgere funzioni di caporedattore centrale, vicedirettore, condirettore e direttore avranno diritto a percepire, limitatamente alla durata dei rispettivi incarichi, una indennità di funzione, fermo restando l’inquadramento nella qualifica di provenienza». «L’indennità funzionale», così si chiama «verrà revocata all’atto della cessazione dello svolgimento del relativo incarico». A questo punto, a fine incarico verranno proposte agli interessati tre ipotesi di mansioni alternative e concordate come «equivalenti». L’azienda ha tempo 40 giorni per formulare la proposta; gli interessati ne hanno 30 per comunicare la propria scelta. Se sforano «l’azienda procederà autonomamente all’assegnazione di uno dei tre incarichi proposti». Insomma, a sua insaputa, il dg Dall’Orto annuncia una gran novità nel prossimo «piano di autoregolamentazione». Che però nel contratto aziendale c’è già. d.p