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È il 1951 quando il rettore dell’Università di Urbino, il critico letterario Carlo Bo, chiama Giancarlo De Carlo, architetto genovese (1919-2005) anarchico, membro del Team X: deve recuperare i palazzi rinascimentali della cittadina marchigiana, per destinarvi le sedi delle Facoltà.
Urbino è una città ricca di storia, lì il duca del Montefeltro, Federico, realizzò quella corte umanista a cui parteciparono Luciano Laurana, Francesco di Giorgio, Piero della Francesca, Luca Pacioli. Dopo cinquecento anni, un altro mecenate, Bo, cerca di definire un grande progetto visionario per Urbino: investire nella educazione, un modello generatore di saperi. Le architetture disegnate da De Carlo insistono su due temi principali: il recupero del centro storico attraverso un linguaggio architettonico moderno e il rapporto tra architettura e paesaggio. D’altronde, De Carlo aveva sviluppato la sua idea durante gli incontri con Alison e Peter Smithson, animatori del Team X e soprattutto del New Brutalism. Gli Smithson, infatti, teorizzavano l’etica nell’architettura, tema centrale per De Carlo, al pari di una estrema coerenza tra pensiero e pratica progettuale.
Così, il rigore del cemento armato entra nella poetica decarliana a partire dalla Facoltà di Magistero (1968-76) per proseguire nei Collegi del Colle (1962-66) e nei successivi Tridente, Aquilone-Serpentine e Vela, terminati nel 1983. Fin dall’inizio ,De Carlo disegna i collegi ripensando il rapporto con il paesaggio, seguendo l’andamento delle curve di livello e enfatizzando, caratteristica peculiare della sua architettura, i percorsi pedonali (presenti anche al Villaggio Matteotti di Terni), interni ed esterni, definendo infinite possibilità di scoprire nuove visuali panoramiche. L’aspetto sociale della sua architettura è già evidente nei Collegi del Colle, dove non c’è separazione uomini-donne, e gli studenti hanno spazi comuni per studiare e socializzare.

Nei successivi ampliamenti, De Carlo attua un’interessante sperimentazione sul tema dell’alloggio, variando le tipologie e i materiali, alternando al cemento a vista il mattone. Lo studio della città di Urbino e dell’architetto del Duca, Francesco di Giorgio Martini, consente all’architetto ligure di entrare dentro le dinamiche spaziali urbinati introiettandole nelle sue architetture secondo i principi del modernismo, con una sapiente manipolazione dei volumi nel continuo rapporto tra esistente e nuovo, tra pieni e vuoti, tra interno ed esterno.
La lezione della città storica entra dentro i collegi che «assomigliano a una città invisibile di Calvino – afferma De Carlo – ogni punto è diverso, i passaggi sono infiniti e l’organizzazione degli spazi è simile a quella della città di Urbino, dove continuamente si sale, si scende e si hanno prospettive diverse».

Quei collegi universitari sono ora oggetto di un piano di conservazione attuato da un gruppo di lavoro composto dallo studio Mta Associati, Politecnico di Milano, Cnr, Università di Urbino ed Ersu, che ha vinto il bando della Getty Fondation, Keep it modern.
Un finanziamento da 50mila a 200mila dollari per progetti di recupero delle architetture pubbliche, non case private, particolarmente rilevanti del XX secolo. Keep it modern è il completamento del Getty Conservation Institute’s Conserving Modern Architecture Initiative, iniziato con i progetti di conservazione per il Salk Institute di Kahn e la Eames House. Nella stessa sessione sono stati premiati tra gli altri lo Unity Temple di Wright, la Facoltà di Architettura di São Paulo di Vilanova Artigas, la Schoreder House di Rietveld e la Einstein Tower di Mendelson. Il piano per i collegi, finanziato per 195mila dollari prevede lo sviluppo di specifiche metodologie di intervento seguendo una timeline che consenta un monitoraggio continuo dello stato degli edifici, individuando le azioni da compiere.

Oggi i collegi di proprietà di Università e Regione Marche, hanno diversi problemi di conservazione che, nel tempo, non sono stati risolti. Il finanziamento del Getty permette la progettazione del piano di conservazione, ma la fase successiva dovrà essere l’intervento diretto per restaurare gli edifici, altrimenti si rischia l’ennesimo progetto di carta. In Italia, la questione della conservazione del moderno viene affrontata da poche Soprintendenze lungimiranti, tant’è che i Collegi non sono vincolati, e dalla onlus internazionale Docomomo, che si occupa di salvaguardia e conservazione del patrimonio architettonico del Novecento, incredibilmente esclusa dal gruppo di lavoro. L’architettura moderna non ha appeal mediatico mentre in America c’è una sensibilità maggiore verso la conservazione, come dimostra il Modernism Week di Palm Springs, una serie di visite guidate alle architetture dei vari Neutra, Lautner e Wexler, con lo scopo di preservare il patrimonio e generare economie, al pari dei divi hollywoodiani, Pitt e Di Caprio, che acquistano icone del modernismo californiano proprio con lo scopo di preservarle.