«Forza Italia ha già votato questo testo , è necessario un approfondimento politico per ricostruire quel rapporto che serve al paese». Il rapporto che serva al paese, spiega il capogruppo del Pd Ettore Rosato al Tg3 della sera, è il patto del Nazareno. Dato per morto dopo l’elezione del presidente Mattarella, l’accordo tra Renzi e Berlusconi ha invece dimostrato, ultimamente sulle nomine Rai, di poter resuscitare in un lampo. A settembre servirà a Renzi, più che al paese, per garantire il passaggio al senato della riforma costituzionale.

I numeri non sono favorevoli al presidente del Consiglio. Non lo sono in prima commissione, da dove l’esame del disegno di legge di revisione riprenderà con la votazione degli emendamenti, perché i favorevoli al mantenimento del senato elettivo sono in maggioranza – con tre o quattro voti di margine – sui sostenitori del testo com’è adesso, dove la scelta dei senatori è demandata ai consiglieri regionali e sottratta al suffragio popolare diretto. Il problema potrebbe essere aggirato come già altre volte dal governo: saltando la fase in commissione, per esempio perché gli emendamenti sono troppi e sfacciatamente ostruzionistici – lo sono quelli del senatore Calderoli, la cui opposizione ancora una volta torna utile alla maggioranza. Ma in aula la situazione non migliora, se dei 28 senatori Pd che oggi sono convintamente per il senato elettivo ne resistesse una metà, Renzi rischierebbe l’incidente irrecuperabile sull’articolo 2, che andrà comunque messo al voto in ragione di una correzione da tutti ritenuta necessaria.
La soluzione passa dunque per il recupero di Forza Italia e per la conversione della minoranza Pd. Missioni alle quali si adoperano in molti, ma con argomenti sempre uguali. L’unico modo per superare il bicameralismo paritario è rinunciare all’elezione diretta dei senatori, insiste nel suo dialogo con Scalfari l’ex presidente della Repubblica Napolitano. Aggiungendo nella replica di ieri che se si mantenesse l’elezione a suffragio universale sarebbe insostenibile togliere ai senatori il potere di dare la fiducia al governo. In realtà non mancano gli esempi dove questo accade (la Spagna), ma soprattutto è vero l’argomento opposto: nel disegno di Renzi ai senatori non eletti dal popolo viene conservata la funzione legislativa e persino di revisione costituzionale. L’insistenza del presidente emerito vale però anche su un altro aspetto: quando raccomanda che sia lasciato spazio a modifiche nel teso solo «purché non risultino dirompenti rispetto all’impianto già definito della riforma». Significa che non andrebbero ammessi gli emendamenti più delicati, quelli sull’elettività del senato, più a rischio per il governo. Chi dovrà decidere, in mancanza di un accordo politico che appare improbabile, è il presidente del senato Grasso. Tutte le raccomandazioni di questi giorni sono per lui.

Il recupero dei 45 senatori di Forza Italia alla causa del disegno di legge Renzi-Boschi consentirebbe al premier la tranquillità assoluta. Non bastano i dieci senatori di Verdini. Ed è allora pensata per i berlusconiani – che al momento insistono con l’elezione diretta – l’ipotesi di mediazione basta sul listino di candidati regionali «papabili» per il mandato di senatore, indicati dagli elettori al momento delle elezioni regionali ma eletti comunque dai consigli regionali. Nero su bianco l’ha messa l’ex ministro Quagliariello, citato ieri nella lettera di Napolitano a Repubblica assieme a Gramsci e Mattarella. In pratica sarebbe deciso un rinvio alla legge ordinaria, alla quale si affiderebbe il compito di scardinare un po’ del principio dell’elezione di secondo grado che si introduce in Costituzione. Forza Italia apprezza, ma ancora non si accontenta chiedendo un impossibile correzione all’Italicum appena approvato. Vuole il ritorno al premio di coalizione. Ma non potrà avere tutto. a. fab.