Jazz e fumetto hanno pressapoco la stessa età, perché muovono i loro primi passi quando è in vista il passaggio fra ottocento e novecento. Due arti che hanno dovuto inventare sé stesse senza una tradizione precedente a cui rifarsi – o a cui contrapporsi – e che con il loro carattere di novità hanno dato un contributo non da poco nel far apparire davvero nuovo il secolo che si apriva. Almeno per tutta una fase jazz e fumetto sono state forme espressive eminentemente popolari, che anzi per lungo tempo hanno sofferto – e per certi versi continuano a soffrire – di uno statuto dubbio, che le ha escluse o tenute ai margini dell’establishment dei linguaggi artistici. Ma oltre ad essere accomunati da un dato «generazionale» e da una condizione con molti punti di contatto, jazz e fumetto hanno anche una intensa storia di relazioni fra loro, che si è tradotta soprattutto in una diffusa presenza – a vari livelli – del jazz nel fumetto: ma anche in una non trascurabile presenza del fumetto nel jazz.

FIRMA BEN NOTA ai lettori del manifesto, Flavio Massarutto è un grande esperto di rapporti tra jazz e fumetto, tema a cui nel 2012 aveva dedicato una ricognizione molto godibile e molto colta, Assoli di china, e su cui torna con ulteriori spunti e approfondimenti con un nuovo libro, Il jazz dentro, pubblicato come il precedente da Stampa Alternativa (180 pp., 20 euro). L’impegno di Massarutto è particolarmente meritevole se si considera che all’abbondanza – come si evince dalle sue pagine – di stimolante materia da esplorare, corrisponde invece una scarsità di indagini, non solo da noi ma a livello internazionale. Uno degli aspetti più interessanti delle ricerche di Massarutto è l’impiego del fumetto come cartina di tornasole sulla percezione del jazz negli anni della sua affermazione e nei decenni centrali del 900: da un inventario di riferimenti al jazz in fumetti e illustrazioni in Europa fra le due guerre emergono atteggiamenti contrastanti; e da una perlustrazione delle figurine europee dello stesso periodo viene smentita l’idea del jazz come musica di una élite. Nei decenni d’oro del fumetto Usa il jazz è spesso visto come una musica e un ambiente che favorisce comportamenti devianti: una rappresentazione che viene stoppata dal codice di condotta dei fumetti, che, adottato nel ’54 – con due decenni di ritardo su quello imposto al cinema – impedisce di toccare soggetti scabrosi, anche se per fini di moralizzazione.

A LUNGO L’IMMAGINE del jazzista nel fumetto è condizionata da una società segregata: jazzisti bianchi nei fumetti «per tutti», e jazzisti neri solo nei fumetti destinati agli afroamericani. Nel ’38 Jackie Ormes, grande figura di disegnatrice afroamericana, è la prima a ritrarre in una striscia dei personaggi neri reali (Bill Bojangles, Josephine Baker). Molti altri temi ci portano nella contemporaneità: come Pratt e il jazz o il jazz nei manga delle fumettiste giapponesi di oggi. Completa il volume una storia disegnata da Davide Pascutti sul jazzista romano Pasquale Innarella: troppo appassionato di fumetti per potersi accontentare di parlarne, Massarutto ne ha realizzato lo script.