L’esercito egiziano smentisce che sia da attribuire a Israele l’attacco di venerdì contro presunti miliziani qaedisti nel Sinai. E ancor più fermamente nega la voce trapelata da una fonte vicina al ministero della Difesa, secondo la quale il raid, bilancio finale cinque morti, è il frutto di una nuova collaborazione strategica tra Egitto e Israele. «Stiamo investigando sulle circostanze dell’attacco» ha precisato il portavoce dei militari, egiziani Ahmed Ali, la cui versione trova una sponda negli osservatori statunitensi citati dal “New York Times”, secondo i quali i droni che utilizza Tel Aviv su quel fronte non sono in grado di lanciare missili.

Di diverso avviso è il gruppo radicale islamista Ansar Beit al-Maqdis (“I partigiani di Gerusalemme”), considerato una costola di al Qaeda nella regione: «I nostri eroi sono diventati martiri durante i loro doveri jihadisti contro gli ebrei – si legge in un comunicato postato sul sito dell’organizzazione – mentre stavano per lanciare dei razzi contro le terre occupate». Il resoconto accenna alla presenza sul luogo di elicotteri egiziani poco prima del raid e accusa Il Cairo di «cooperazione e connivenza». Le vittime tra i miliziani sarebbero in realtà quattro, in quanto il responsabile del commando che doveva condurre il lancio di razzi sarebbe scampato al fuoco israeliano. Silenzio totale, come di consueto in questi casi, da parte delle autorità militari israeliane.

Sull’altro confine caldo di Israele, quello con il Libano, si registra invece la «ferma protesta» dell’Unifil, la forza dell’Onu dislocata sulla frontiera per far rispettare il cessate il fuoco, per lo sconfinamento di truppe israeliane avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 agosto. Il generale Paolo Serra, comandante della missione, definisce l’episodio una «seria violazione» della risoluzione 1701 dell’Onu. Nel corso dell’operazione quattro soldati israeliani erano rimasti feriti in seguito allo scoppio di una mina.

La Turchia intanto ha deciso di ritirare da Unifil i suoi 280 caschi blu (continueranno a far parte della missione 58 militari turchi della forza marittima per il pattugliamento della costa). La decisione, precisano Unifil e governo turco, sarebbe stata presa prima del rapimento da parte di uomini armati di due pilori della Turkish Airlines avvenuto venerdì a Beirut. A tal riguardo però il ministero degli Esteri di Ankara ha invitato tutti i cittadini turchi a lasciare il Paese dei Cedri e ad evitare se possibile i viaggi.