Alan Parker era un gentleman autentico. Baronetto come i Beatles. Dieci Golden Globes. Sei Oscar. Aveva contribuito a fondare la Directors Guild of Great Britain. Nel 2013 ottiene il riconoscimento più prestigioso del cinema britannico: il Bafta Academy Fellowship Award. Apparteneva a quella (non) generazione di cineasti britannici che avrebbero segnato indelebilmente con la loro estetica il cinema hollywoodiano degli anni Ottanta.

PARKER, un figlio della classe operaia nato sotto le bombe naziste del blitz, come Adrian Lyne, Stuart Baird, John Irvin, Ridley e Tony Scott, Hugh Hudson, ha introdotto nel cinema americano della metà e fine degli anni Settanta, un tocco di cosmopolitismo britannico che, nel suo caso specifico, sarebbe diventato poi un vero e proprio marchio di fabbrica. A leggere la sua storia, ci si imbatte in una di quelle vicende tipicamente inglesi, nelle quali una persona di talento poco alla volta riesce a superare le barriere di classe. Una favola? Ovviamente no. Duro lavoro e qualche colpo di fortuna al momento giusto senza contare un’abilità nel navigare l’ambiente professionale e grandi doti diplomatiche. Come Lyne, anche Parker si fa le ossa in pubblicità dove si era fatto notare per il suo stile al punto da creare la sua agenzia personale per lavorare. Esordisce in tv, nel 1972, con No Hard Feelings, un dramma di guerra molto apprezzato e autofinanziato che la Bbc acquista e trasmette qualche anno dopo. Alan Parker appartiene alla categoria di cineasti che senza essere mai stati «grandi» registi come da concezione media del cinefilo, hanno avuto la sagacia e l’abilità di creare film che hanno segnato contemporaneamente l’immaginario e l’estetica. Piccoli gangsters (1976), per esempio, i cui due piccoli protagonisti – Scott Baio e Jodie Foster – sarebbero finiti poi all’opposto l’uno dell’altra nell’America trumpiana – è una rilettura ironica del cinema gangsteristico di Arthur Penn, John Milius e altri.

NEL 1978 con Fuga di mezzanotte, interpretato da Brad «Querelle» Davis, inizia la lunga teoria di successi parkeriani. Segnato dalle musiche di Giorgio Moroder il film si attira le ire di quanti ritenevano che il ritratto dei turchi e delle autorità di polizia fosse in odore di razzismo. Saranno famosi farà storia a sé. Ancora una volta con le musiche di Moroder, il film si porta a casa l’Oscar ed è diventato un paradigma i cui effetti sono visibili ancora oggi. Nello 1982 Parker realizza sia Spara alla luna, un melodramma intimista che Pink Floyd – The Wall. È banale e a dir poco ingeneroso oggi notare che l’adattamento cinematografico del blockbuster floydiano è datato. Bisognava essere adolescenti all’epoca ed essere investiti dal maelström parkeriano per capire come fosse possibile andare oltre Tommy.

Certo che non poteva durare e non durò infatti. Certe immagini hanno una data di scadenza lo sanno tutti e lo sapevamo anche noi. Ma in provincia starsene un’intera sera a vedere ripetizione The Wall era un modo come un altro per viaggiare senza farsi importunare dai tutori dell’ordine.

« BIRDY» (1984) era un altro ma di tipo completamente diverso. Il Vietnam movie che non ti aspetti. E senza contare le musiche di Peter Gabriel. Gli anni Ottanta di Parker riservano ancora dei titoli del calibro di Angel Heart, un film visivamente sontuoso che sopperisce così a delle soluzioni di sceneggiatura prevedibili e a dei simbolismi un po’ telefonati, e Mississippi Burning – Le radici dell’odio (1988), un film tetragono e frontale che – a rivederlo oggi – non è certo migliorato (schematico e bidimensionale), ma si capisce benissimo perché Parker fosse così arrabbiato e feroce, da europeo che ai redneck non concede niente. Dopo Mississippi Burning i film di Parker saranno meno proverbiali con l’eccezione evidente di The Commitments (1991) che quasi rinnova i fasti di Saranno famosi. L’ultimo grande colpo di coda Parker l’assesta nel 1996 con la versione trionfalmente kitsch di Evita (basti pensare ai carri armati che sembrano d’oro) che permette a Madonna di assurgere a livelli di grandezza quasi ultraterrena. Le ceneri di Angela, The Life of David Gale, senza contare Morti di salute, non aggiungono nulla al suo cinema che ormai è diventato meno fantasioso e imprevedibile.

INCROCIATO a Bydgoszcz, nel corso del festival Camera Image, dove era stato invitato in giuria, Parker era disponibilissimo a conversare con chiunque gli ponesse delle domande, si faceva raccontare dal giovanissimo direttore della fotografia Matthew Libatique i dettagli tecnici e le complessità affrontate sui suoi set dei suoi film ed era sempre il primo a correre in sala per vedere i film del concorso. Evidentemente da qualche parte quel bambino della classe operaia era ancora vivo e vegeto e pieno di stupore anche se nel 2002 lo avevano nominato Commander of the Order of the British Empire. Chi lo avrebbe mai detto, vero Alan Parker?