La crisi climatica è un problema complesso che richiede una composizione di soluzioni. Questo può essere considerato in senso positivo, in quanto significa che le strade da percorrere per arrivare a destinazione sono molteplici, che i settori dentro cui agire sono vari e che nessuno è esente dal fare la sua parte. Anche l’economia circolare, quell’insieme di pratiche, di idee, di strategie che crea un modello di produzione e consumo che punta ad estendere il ciclo di vita dei prodotti e ridurre i rifiuti al minimo, offre la possibilità di dare un contributo come singoli, come comunità e come sistema per contenere il surriscaldamento del pianeta. Scegliere il più possibile e dove possibile di condividere, prestare, riutilizzare, riparare, ricondizionare e riciclare materiali quindi non è solamente etico ed ecologico, ma anche efficace per la riduzione delle emissioni climalteranti.

E’ ALLE PORTE LA 26ESIMA EDIZIONE della Conferenza Onu sul clima di Glasgow, un vertice decisivo in termini di piani concreti di riduzione, che sarà preceduta dalla preCop26 che si terrà a Milano dal 28 settembre al 2 ottobre. In vista di questi appuntamenti, allo scopo di fornire strumenti di approfondimento al processo decisionale, è stato presentato dall’Alleanza per l’Economia Circolare il quaderno Economia circolare e cambiamento climatico – è curato da Agici e fa parte degli eventi del Festival dello sviluppo sostenibile Asvis 2021 in corso a Roma al Palazzo delle Esposizioni – che quantifica il contributo delle misure di Economia Circolare alla riduzione delle emissioni climalteranti.

SECONDO LO STUDIO, PER ARRIVARE alla neutralità climatica entro il 2050 occorre attivare i processi di economia circolare in alcuni settori chiave dell’economia: food, chimica, trasporti, moda e tessile, energia e utility, costruzioni. Una modalità che permetterà anche un abbattimento dei costi della decarbonizzazione: la Strategia a Lungo Termine della Commissione europea sulla riduzione delle emissioni di gas serra ha incluso le azioni dell’economia circolare in uno dei due scenari per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050: economia circolare e cambiamento degli stili di vita possono avviare un modello che richiede un livello totale di investimenti annuali inferiore del 5-8% rispetto a quello degli altri scenari con lo stesso livello di riduzione di emissioni.

ALCUNI ELEMENTI DI QUESTA RIDUZIONE SONO, ad esempio, il riciclo della plastica: ogni tonnellata non incenerita permette di risparmiare l’equivalente delle emissioni annuali di un’auto; la riduzione nell’estrazione globale di materie prime: se portata al 28%, come potenzialmente potrebbe succedere con l’attivazione di politiche di efficienza nell’uso dei materiali, determinerebbe una riduzione del 63% delle relative emissioni, accompagnandosi a una crescita economica del 1,5%; basti pensare che le emissioni relative alla produzione di materiali erano, al 2015, pari al 23% del totale delle emissioni globali di gas serra, una quota superiore a quelle combinate di agricoltura, silvicoltura e uso di suolo; e se venissero raggiunti gli obiettivi europei di riciclo introdotti dalla Commissione Europea nel 2015, le emissioni verrebbero ridotte di 477 milioni di tonnellate. Fra i settori industriali chiave dove l’applicazione dell’economia circolare permetterebbe una riduzione consistente c’è quello della produzione di cibo, che contribuisce al 34% delle emissioni globali di gas serra di origine antropica, soprattutto nelle fasi di uso e consumo di suolo e di produzione diretta per il consumo umano e di mangime.

UN ASPETTO PARTICOLARE DI QUESTO SETTORE è poi lo spreco di cibo, a cui si stima sia riconducibile circa un quarto (24%) delle emissioni del settore alimentare. Ciò significa che lo spreco alimentare è responsabile di circa l’8%-10% delle emissioni complessive globali di gas serra. È stato stimato che la realizzazione di tutte le fasi del processo produttivo secondo i principi dell’economia circolare possa portare ad una riduzione, a livello globale fino al 20% di quella necessaria al 2050. Inoltre, si stima che l’applicazione di misure di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici alle attività agricole e zootecniche comporterebbe una diminuzione di 1,5-4,0 GtCO2eq all’anno entro il 2030. Ad esempio, l’aumento della sostanza organica dei suoli aumenta la capacità di stoccaggio di CO2 atmosferica, migliorando la capacità di ritenzione idrica dei suoli. Tra le azioni da intraprendere la riduzione dello spreco di cibo, la raccolta dei rifiuti organici e la riduzione del consumo della carne, la protezione delle foreste e le tecniche di agricoltura sostenibile

I TRASPORTI DA SOLI IMMETTONO IN ATMOSFERA quasi il 16% dei gas serra complessivi. Si tratta di un settore cruciale perché le emissioni hanno continuato a salire, con un aumento del 21% nel 2019 rispetto ai livelli del 1990. Attraverso l’applicazione di tecnologie più efficienti, l’elettrificazione e l’utilizzo di combustibili sintetici a base rinnovabile secondo l’analisi di economia circolare si possono ridurre le emissioni dei trasporti del 53% e del restante 47% , riducendo la domanda di trasporto e passando a opzioni più pulite.

UN ALTRO SETTORE SIGNIFICATIVO IN TERMINI di emissioni è quello delle costruzioni, a causa dell’intensità energetica dei processi coinvolti: rappresenta il 7% delle emissioni totali a livello globale. A questo dato sono da aggiungere poi le emissioni per l’intero ciclo di vita delle costruzioni che, nel caso degli edifici, derivano dal riscaldamento, dal raffreddamento, dall’illuminazione e dalla gestione complessiva. Lo studio riporta che adottando misure quali un uso più intensivo delle abitazioni, la progettazione di edifici con meno materiale, l’utilizzo di legname raccolto in modo sostenibile e un migliore riciclo dei materiali da costruzione, considerando anche la fase di costruzione e demolizione, il risparmio di emissioni arriverebbe al 35-40%.