Una conclusione scritta non vuol dire una conclusione rapida. Almeno, non così rapida come la immaginava all’inizio il motore primo di questa storia, Matteo Renzi. Il cambio in corsa a palazzo Chigi deciso da una persona sola – al limite da un solo partito, ma le due cose tendono a coincidere – è piaciuto poco al Quirinale e terrorizza chi ha tutto da perdere: Alfano. Il ministro dell’interno, uscente, alza le sue richieste per sostenere il Renzi I, ben sapendo di non avere alternative: nel voto anticipato sparirebbe, né può esistere all’opposizione.

La prima richiesta di Alfano è appunto di non uscire dal Viminale, ma il segretario del Pd che lo aveva già pesantemente attaccato per il caso Shalabayeva ha deciso di spostarlo. L’idea sarebbe la difesa, ma l’ex delfino berlusconiano traslocherebbe solo per tornare alla giustizia – progetto folle che condannerebbe il primo governo Renzi ad avere un punto in comune con l’ultimo di Berlusconi. La pattuglia del Nuovo centrodestra dovrà necessariamente ridimensionarsi, ma resta il fatto che i voti dei senatori Ncd sono indispensabili per lanciare il sindaco di Firenze nel suo spericolato avvenire. E perciò più delle passerelle fiorentine e delle new entry annunciate come tanti fiori all’occhiello, è ad Angelino che il sindaco deve un po’ pensare. Concedendo una smentita tardiva ma ufficiale dei non smentibili rapporti con Verdini, da Alfano assai temuti perché all’uomo macchina di Forza Italia sta a cuore soprattutto distruggere i «traditori». E acconsentendo a rinviare di 24 ore, ma non di più, il suo appuntamento con la storia: avrà l’incarico tra stasera e domani e conta di chiudere le trattative in tre giorni, destinando lo spazio dovuto al programma, per sciogliere la riserva mercoledì o più probabilmente giovedì. Crisi del genere, extraparlamentare e intrapartito, si sa come cominciano ma non come finiscono, si diceva nella prima Repubblica. Ed è possibile che il vecchio capo dello stato, per quanto preoccupato della stabilità al cospetto dell’Europa e dei mercati, veda confermate le sue ragioni di scetticismo in questo prolungamento dei tempi. Quella del giovane segretario non può assomigliare troppo a una blitzkrieg.

Eppure, al temerario, anche nel giorno in cui avrebbe potuto preoccuparsi un po’, non è mancata la promessa di sostegno del suo alleato ombra: Silvio Berlusconi. Tornato al centro della scena con un discorsetto di poche pagine – lo si è visto ripeterlo in auto fino al momento di entrare al Quirinale – in cui ha ripetuto al presidente della Repubblica e poi ai giornalisti che il sostegno di Forza Italia sulle riforme non verrà meno. E sono appunto le riforme, quella elettorale e quelle costituzionali, la ragione principale di esistenza del Renzi I, il motivo per cui ancora una volta al Quirinale si lavora a tutto campo escludendo solo l’ipotesi delle elezioni.

Nel momento in cui sta per portare i suoi voti al nuovo governo, Alfano vorrebbe che Renzi lo ascoltasse sulla legge elettorale e sulle riforme almeno quanto ascolta Berlusconi. Il leader del Ncd lo ha ripetuto anche a Napolitano, che ha trattenuto per il doppio del tempo previsto (anche questa una concessione alle esigenze di scena del ministro) uscendo poi dallo studio visibilmente stressato. Ai giornalisti ha detto che non è scontato il sostegno del Ncd al nuovo governo, che vuole un programma dettagliato che porti anche il tratto del centrodestra e che sia per punti precisi, in modo da allontanare il sospetto che fatta la legge elettorale Renzi possa correre alle urne. «Tutto questo – ha detto – non si fa in 48 ore». Ma Renzi, che già al tempo di Letta era contrario a tenere l’accordo sulle riforme stretto nel recinto della maggioranza di governo, considera al contrario l’appoggio di Berlusconi e l’impegno di Verdini come garanzie più solide di quelle che può offrire Alfano. E Berlusconi, divertito per le difficoltà di Alfano, lo ha accontentato, promettendo un’opposizione responsabile («la solita», ha detto) e il rispetto del patto sull’Italicum. Le stesse cose il Cavaliere ha detto a Napolitano, nel corso di un incontro che non poteva non essere gelido, viste le accuse di complotto che Berlusconi ha tirato addosso al capo dello stato fino a ieri. Esaurito il compitino, anzi, ha fatto per alzarsi dovendo oltretutto ripartire per Arcore. Pare siano stati i consiglieri del presidente a fermarlo, facendogli notare che non si può interrompere dopo un quarto d’ora un incontro che è previsto di 45 minuti; alla fine il cavaliere ha salutato dopo mezz’ora.

E Napolitano è uscito a salutare i giornalisti dicendo assai poco, ma accogliendo la richiesta di Alfano di non chiudere subito: «Ci sarà più spazio e più serenità per chi riceverà l’incarico, avrà tutto il tempo necessario per le consultazioni e per le intese». Toccherà a Renzi stupire, senza scontentare Alfano e dovendo continuare a contare su Berlusconi. «Non ho mai visto spremere limoni e ottenere un’aranciata», disse una volta Craxi, durante una crisi di governo.