La passione per i bonifici dei politici a 5 stelle è nota. Luca Pasquaretta, portavoce della sindaca di Torino Chiara Appendino, ieri ha annunciato che restituirà con un bonifico il compenso ricevuto lo scorso anno quando prestò le sue competenze al Salone del Libro: due settimane di consulenza al prezzo di cinquemila euro.

Il problema è sorto quando un solerte magistrato di Torino che si occupa delle peripezie economiche del Salone, Gianfranco Colace, si è imbattuto nella fattura prontamente saldata al portavoce, mentre centinaia di altri fornitori languono nell’attesa. Il pm ha voluto capire se il portavoce abbia svolto la sua mansione supplementare durante l’orario di lavoro o nelle ore notturne.

La vicenda in sé è micragnosa, ma l’iperuranio morale che i pentastellari hanno imposto al paese rende la vicenda degna di considerazione. Scoperto il fattaccio il gruppo consigliare del M5S in Comune ha chiesto spiegazioni alla sindaca, che li ha ignorati. I ventitré sono quindi passati all’attacco bollando il comportamento di Pasquaretta come «inopportuno».

Il portavoce, giunto al fianco della sindaca pochi giorni prima della sua elezione – prima lavorava alla Juventus Fc – ha di fatto assunto un ruolo di primo piano. Chiuso nel cassetto dei ricordi il primo Rasputin, Paolo Giordana, finito sulla graticola per una telefonata al capo della Gruppo Trasporti Torino, Paolo Ceresa, in cui chiedeva un favorino per un amico a cui era stata inflitta una multa, Luca Pasquaretta ne ha preso il posto.

A indagare ci sono anche i carabinieri, che hanno chiesto e ottenuto la documentazione relativa all’operato, in Comune, del portavoce nei giorni del Salone del libro.

Pasquaretta è difeso dalla sindaca: «La procedura di autorizzazione è stata seguita in maniera regolare – sostiene la prima cittadina. Nessun conflitto di interessi». Ma ovviamente ciò di cui si discute non è la procedura e men che meno il conflitto di interessi.

Difesa anche da parte di Mario Montalcini, presidente della Fondazione per il Libro: «Pasquaretta ha lavorato a testa bassa, senza risparmiarsi».

Non è chiaro quindi per quale ragione abbia restituito i soldi se tutto è regolare. Lui tenta di spiegare la vicenda così: «Non ho mai ritenuto che tale collaborazione potesse scatenare tanto clamore e non era assolutamente mia intenzione creare alcun problema alla sindaca e all’amministrazione. Come già affermato dagli uffici, la prestazione finita al centro delle polemiche in questi giorni fu regolarmente autorizzata e, come ribadito dal vicepresidente della Fondazione, fu da me svolta ’a testa bassa’, col massimo impegno e dedizione. Il pagamento è avvenuto, come per molti altri, prima che emergessero i problemi ormai noti della fondazione – aggiunge Pasquaretta – Nonostante queste premesse, in data odierna ho maturato la decisione di effettuare un bonifico al liquidatore della Fondazione, pari all’importo del lavoro prestato, cioè cinquemila euro».